UN CAMBIAMENTO ALIMENTARE

ACIDI E BASI

Innanzitutto gli effetti alcalinizzanti e acidificanti degli alimenti non si valutano secondo il ph che possiedono all'origine, in quanto essi vengono in larga parte digeriti e trasformati prima di entrare in circolo nel sangue; la digestione non è solo scissione delle molecole, ma è anche trasformazione dei nutrienti di partenza, per cui si ha la sintesi di nuove sostanze; ne consegue che il ph di partenza viene in parte modificato proprio grazie a queste trasformazioni.
La chiave di lettura della dieta alcalina è assumere per almeno l'80% alimenti che una volta metabolizzati riescono a preservare in termini di ph l'omeostasi dell'organismo, cioè la sua naturale capacità di mantenersi in equilibrio al variare delle condizioni esterne.
Questo può accadere solo se i nutrienti assimilati si discostano il meno possibile dai valori di ph di tutte quelle parti dell'organismo con cui entrano in interazione, in particolare il sangue, il tessuto connettivo e gli organi emuntori, cioè quegli organi che hanno funzione eliminativa: pelle, polmoni, reni, fegato, intestino e nella donna l'utero.
In quali termini l'alimentazione può provocare acidificazione?
IL SANGUE
Il sangue viene costantemente preservato da eccessivi scostamenti del suo ph leggermente alcalino grazie ai sistemi tampone; non entro troppo nel dettaglio (per approfondimenti
http://www.chimicamo.org/chimica-generale/soluzioni-tampone-biologiche.html), in sintesi uno dei sistemi più immediati è la presenza di acido carbonico, regolato tramite la respirazione; in secondo luogo i reni regolano il ph del sangue grazie alla loro funzione di filtro che permette di espellere gli acidi in eccesso; ciò evidenzia senza ombra di dubbio che il ph delle urine riflette il livello di acidificazione corporea. In situazioni di grave pericolo di acidosi l'organismo ricorre alle scorte di sali minerali alcalini (ossa e denti); per questo motivo nei paesi industrializzati, consumo di latticini e osteoporosi sono in stretta correlazione.
IL TESSUTO CONNETTIVO
Il tessuto connettivo è l'impalcatura gelatinosa che tiene insieme le cellule ed è anche il mezzo attraverso il quale i nutrienti e l'ossigeno dai microcapillari arteriosi raggiungono le cellule, mentre le sostanze di scarto dalle cellule tornano verso i capillari venosi.
Ma come è possibile che tutti questi passaggi e scambi avvengno in maniera corretta? Grazie ad alcune sostanze che fungono da trasporto e grazie anche al livello alcalino del ph del tessuto connettivo e del liquido intracellulare; la corretta idratazione completa il quadro, anch'essa fondamentale per garantire un'adeguata protezione verso gli eccessi acidi.
Le cellule tumorali trovano un ambiente favorevole al loro sviluppo proprio nei tessuti acidificati, dove l'ossigeno non riesce più ad arrivare anche a causa del forte squilibrio del ph.
Riguardo agli effetti dei succhi gastrici, altamente acidificanti, si tengano presenti due aspetti:
1. i succhi gastrici vengono utilizzati per la scissione proteica liberando aminoacidi, cioè elementi acidificanti;
2. le cellule dello stomaco deputate alla produzione di tali succhi acidi, nel momento stesso in cui avviene la produzione, attivano contemporaneamente la secrezione di sostanze alcalinizzanti al fine di assicurare l'equilibrio omeostatico generale, quindi la bilancia pende sempre e comunque verso un ph alcalino.
La presenza dei sistemi tampone non deve costituire una giustificazione per non curare un buon bilanciamento tra cibi alcalinizzanti e acidificanti, perchè il ricorso sistematico a tali processi sottrae energia all'organismo.
Questo è il punto della discordia: la dieta alcalina tende a preservare un equilibrio, il suo obiettivo è di non aumentare nè diminuire i valori del ph, permettendo all'organismo di risparmiare una notevole quantità di energia evitando di tamponare continuamente gli effetti acidificanti di uno stile di vita disarmonico. Quando si dice che bisogna 'alcalinizzare' l'organismo, si parte dal presupposto che tutti più o meno abbiamo anche solo parzialmente problemi di acidificazione tissutale; molti stati infiammatori della pelle, sciatica, artrite, dolori articolari in genere, infiammazione delle vie urinarie, ecc. sono conseguenza di livelli acidi trascurati protratti nel tempo, associati ad una insufficiente idratazione.

La maggior parte degli articoli che trovate sul web cercano di smontare la tesi alcalina partendo da un presupposto completamente errato, prendendo in esame il ph degli alimenti all'origine e ignorando una cosa fondamentale:
l'organismo umano è composto da circa 10 trilioni di laboratori biochimici avanzati che 'respirano' in maniera del tutto speculare rispetto ai processi della fotosintesi clorofilliana.
Sulla base di questo legame indissolubile, nutriamo il corpo fisico ed emozionale grazie all'energia solare così preziosamente racchiusa nei laboratori biochimici vegetali  ;  http://www.alimentazionevibrazionale.it/2017/12/20/la-dieta-alcalina-sfatiamo-i-dubbi-sulla-sua-efficacia/

COSA NON SAPPIAMO SUL FERRO

 

Quello che non sappiamo sul ferro, quello che ci viene taciuto. Quello che il nostro corpo organizza per il nostro benessere e noi ignoriamo. Non sempre la carenza di ferro è un male. Invece andiamo nel panico e subito integriamo con qualcosa che potrebbe nuocerci gravemente. Impariamo a conoscere più da vicino cosa succede.....

Il ferro è un'arma a doppio taglio. Se non ne assumiamo abbastanza rischiamo l'anemia, ma se ne assumiamo troppo possiamo aumentare il rischio di cancro, di malattie cardiache e di un certo numero di stati infiammatori. Dato che il corpo umano non ha un meccanismo in grado di eliminare l'eccesso di ferro, occorre preferire il ferro proveniente dai vegetali (ferro non-eme), sul quale il nostro organismo ha un certo controllo.
Dice il dottor Michael Greger , anche altre patologie sono state associate ad un'elevata assunzione di ferro, tra le quali l'Alzheimer, la Malattia di Parkinsons, l'artrite e il diabete.

Dal momento che il nostro organismo non è in grado di eliminare l'eccesso di ferro, abbiamo sviluppato un meccanismo rigido per regolarne l'assimilazione: se le nostre scorte di ferro sono scarse, il nostro intestino ne stimola l'assorbimento, mentre se le nostre riserve sono al loro massimo, il nostro intestino blocca l'assorbimento di ferro per mantenerci ad un livello ottimale.

Questo meccanismo però funziona soltanto con le fonti di ferro primarie della dieta dell'uomo, ovvero il ferro che si trova nei cibi di origine vegetale.

Il nostro apparato digerente invece non ha un meccanismo per regolare il ferro ingerito con il sangue, il ferro eme. Il ferro che si trova nel cibo di origine animale passa direttamente attraverso la barriera intestinale e anche se nel nostro organismo già ne abbiamo più che a sufficienza, non possiamo in alcun modo controllare l'assimilazione di questo tipo di ferro.

Proprio per questo, alcuni studiosi ipotizzano che il sovraccarico di ferro potrebbe essere la ragione che lega il consumo di carne al rischio di tumore al seno. Il ferro è un pro-ossidante e può provocare stress ossidativo e danni al DNA. Nei paesi industrializzati, un'eccessiva assunzione di ferro potrebbe portare con il tempo ad un condizione fisiologica da sovraccarico di ferro nelle donne in menopausa, che non hanno più perdite di sangue mensili.

Il sovraccarico di ferro favorisce la produzione di radicali liberi, l'ossidazione dei grassi, i danni al DNA e potrebbe anche contribuire allo sviluppo del tumore al seno ed alla carcinogenesi, in maniera del tutto indipendente o potenziando gli effetti di altri carcinogeni. Soltanto le persone in cui sia stata diagnosticata un'anemia da carenza di ferro dovrebbero considerare l'assunzione di integratori di ferro ed anche in questi casi ci potrebbero essere dei rischi.

Il nostro ferro è legato al ferro libero, entra in gioco in una reazione che si chiama "Reazione di Fenton", reazione molto pericolosa dove in presenza di radicali liberi, gli enzimi antiossidanti neutralizzano i radicali che si formano, producendo un intermedio che è l'acqua ossigenata, quest'acqua ossigenata è un intermedio di passaggio non un radicale libero di per se, poi viene presa dalla catalasi che prende quest'acqua ossigenata e la demolisce in 2 molecole d'acqua. E' una catena, si prende una cosa che è pericolosa si trasforma in una via di mezzo e poi viene neutralizzata, ma quando c'è un eccesso di produzione di radicali liberi si crea un eccesso di acqua ossigenata e se in circolo c'è del ferro libero l'acqua ossigenata reagisce con il ferro libero nella Reazione di Fenton di cui sopra producendo un radicale molto pericoloso IDROSSILICO che ha vita brevissima ma che immediatamente danneggia tutto ciò che trova in circolo, inoltre se poi il ferro viene anche utilizzato dai batteri per la propria replicazione. Vi sono due situazioni una è l'infezione l'altra le infiammazioni in cui l'organismo, con un meccanismo inteligente sequestra il ferro circolante per sottrarlo ai batteri ed è la situazione in cui il ferro circolante (Sideremia) sarà basso, in questi casi far assumere del ferro è come buttar benzina sul fuoco ci sarà crescita esponenziale, infatti in caso di infezioni il nostro organismo sequestra il ferro in circolo altrimenti sarebbe molto pericoloso. Per questa serie di motivi bisogna davvero stare attenti nella somministrazione del ferro inorganico.

Uno studio recente ha messo in evidenza che nell'organismo delle donne che prendono integratori di ferro si verifica un notevole aumento dello stress ossidativo.

Dunque, prima di assumere un integratore di ferro, il mio consiglio è di parlare con il proprio medico e di cercare di affrontare il problema partendo inizialmente soltanto dalla dieta, mangiando cioè una buona quantità di cibo sano e ricco in ferro, come ceci e semi di zucca, facendo attenzione a consumare nello stesso pasto cibi ricchi in vitamina C, come limone, frutti tropicali, broccoli e peperoni, che migliorano l'assorbimento del ferro di provenienza vegetale, e stando attenti a non bere té e caffé durante i pasti, poiché essi possono mettere a rischio l'assorbimento di ferro.

Dal momento che gli acidi organici come la vitamina C possono favorire l'assorbimento di ferro, la società della Coca Cola ha commissionato uno studio per vedere se bere Coca Cola produce lo stesso risultato... e la risposta è: no.

Il ferro viene assorbito con difficoltà dal nostro organismo e con altrettanta difficolta viene perso, a meno che non ci siano perdite ematiche, emorragie. Voglio ribadire che livelli non alti di ferro si traducono in longevità. Il percorso delle ferro non è facilissimo, deve essere trasformato dalla forma ferrosa (Fe3+) in quella Ferrica (Fe2+) e può essere chelato dall'acido fitico (cereali) ed ossalico ma possimao facilitare l'assorbimenti usando la vit C quindi è un percorso facilitato quello dei vegetali  Un esame importantre da valutare è l'emoglobina quando si verifica una carenza a questo livello vuol dire che le riserve sono basse. Consiglio sempre una valutazione completa ,

Emoglobina; proteina legato al ferro per il trasporto dell'ossigeno

Sideremia; che è data dal ferro libero.

 Trasferrina; che è la proteina di trasporto del ferro.

 

 Ferritina;  che è il deposito del ferro.

INFIAMMAZIONE E ALIMENTAZIONE

Infiammazione ed Alimentazione - Il cibo come farmaco

 

Il cibo svolge un ruolo fondamentale nel prevenire e combattere l’infiammazione o la flogosi , cioè il meccanismo di difesa non specifico proprio di un organismo sano che costituisce una risposta protettiva e secondaria all'azione dannosa di agenti fisici, chimici e biologici e che ha come finalità l'eliminazione della causa iniziale di danno cellulare o tissutale.  L’alimentazione, infatti, integrata in un contesto di vita “sana”  (stile di vita) e ad una scelta razionale di cibi “intelligenti” , aiutano a stimolare il metabolismo,  consentono di  interferire nel processo delle catene delle interleuchine, responsabili dello stato infiammatorio e della sintomatologia dolorosa,  piuttosto che  deprimere il sistema immunitario, modulando la risposta infiammatoria e potenziando l’effetto di “autoguarigione”.

 Nella pratica medica, per chi soffre di dolore cronico (artrosi, diverticolosi, emicrania….) , vuole dimagrire o ha problemi metabolici come il diabete o l’ipercolesterolemia,  o malattie cardiovascolari e infiammatorie in generale, spesso causate o associate comunque al sovrappeso, è fondamentale sapere  che la qualità del cibo è importante tanto quanto la quantità.

Lavorare sulla qualità vuol dire: scegliere accuratamente cosa mangiare, leggere le etichette degli alimenti, non acquistare cibi contenenti conservanti, coloranti artificiali ed edulcoranti,  evitare soprattutto certi grassi e certi zuccheri,  non assumere cibi confezionati e precotti, aumentare il consumo di cibi vegetali e di fibra (cibi integrali), consumare cibi biologicamente puri e vivi. 

Sarà possibile controllare le quantità dei cibi che ingeriamo quotidianamente,  se assumiamo alimenti primari non modificati , alimenti semplici  gli alimenti arricchiti, cioè confezionati e aggiustati in modo da aumentarne il gusto a discapito della salute (cibi spazzatura) non ci aiutano allo stop della fame e a gestire la quantità che ingeriamo.  

 

Non siamo delle macchine brucia-calorie: siamo esseri  complessi!

 

Spesso le diete ipocaloriche, soprattutto se non bilanciate correttamente,  impongono una riduzione degli apporti calorici al di sotto del presunto consumo calorico giornaliero (metabolismo basale) e comportano:

  • una parallela riduzione degli apporti di sostanze nutritive, che ci servono a far lavorare bene il metabolismo
  • un senso di fame che spesso impedisce  di portare a termine la dieta, vanificando l’impegno iniziale
  • un adattamento del metabolismo alla riduzione calorica imposta che porta ad un viziometabolico (effetto yo-yo)
  • una conseguente depressione di tutte le attività organiche e fisiologiche (calo di energia), con minore propensione al movimento
  • l'incapacità di mantenere nel futuro il risultato conseguito

 

Aumentiamo il metabolismo e riduciamo lo stato infiammatorio!

 Per facilitare lo stato di salute del nostro corpo è invece necessario agire sul metabolismo, andando a verificare se esistono le condizioni di:

  • infiammazione cronica
  • stress ossidativo

Se esistono (e sempre esistono queste condizioni, associate all'accumulo di adipe o massa grassa, soprattutto addominale)  esse da sole spiegano il calo del metabolismo che porta ad aumentare ulteriormente il peso, in un circolo vizioso senza fine. Allora, prima di mangiare di meno, bisogna risolvere queste condizioni cambiando l'alimentazione con una scelta razionale del cibo che comporta la riduzione di determinati alimenti e nutrienti  e un aumento del consumo di altri.

 

L'infiammazione e sovrappeso

 

 

Il sovrappeso favorisce la comparsa di infiammazioni e viceversa la presenza di infiammazioni favorisce l'obesità, in un circolo vizioso estremamente dannoso. La reazione infiammatoria serve normalmente a proteggere l'organismo. Ma talvolta l'equilibrio naturale va in tilt e si crea un allarme permanente che si traduce in uno stato di infiammazione cronica. In alcuni casi le infiammazioni possono svilupparsi senza sintomi evidenti. Questa alterazione del normale processo di difesa è spesso la conseguenza dell’uso sconsiderato di farmaci antiinfiammatori e corticosteroidi, che di fatto spengono l’infiammazione, agendo, sopprimendo o interrompendo in un corto circuito la risposta immunitaria e al tempo stesso aumentano il carico di tossine che si depositano nel nostro organismo. Accanto all’abuso farmacologico intervengono in un sistema addizionale le dipendenze da fumo, alcool, cibo, la vita sedentaria, lo stress, l’ereditarietà e l’ambiente in cui si vive (tossine endogene ed esogene).

 

Le più comuni cause di infiammazione e intossicazione si ritrovano nella nostra alimentazione (zuccheri, cibi ad alto carico glicemico, alcolici, grassi animali, carne, cibi industriali, ecc...) e la mancanza di attività fisica. Altri fattori sono certi allergeni alimentari (in particolare il glutine e il lattosio) e il ridotto apporto di fibre, conseguenza della civiltà moderna che predilige cibi bianchi e quindi raffinati. 

 

 Dall'infiammazione alla perdita di peso

 

 

Assumere alimenti di scarsa qualità (zuccheri, grassi trans, grassi saturi, ecc.) che non rispondono alle nostre reali necessità fisiologiche ed evolutive, scatena una serie di messaggi infiammatori che impediscono al metabolismo di funzionare correttamente. Ci sono per fortuna degli alimenti che, oltre a farci dimagrire, inibiscono lo sviluppo di infiammazioni. Infatti, comunicano al DNA segnali che attivano il metabolismo, aumentano la protezione antiossidante e antinfiammatoria e ci permettono di detossificare.

 

Gli antiossidanti presenti nel cibo  frutta e verdura cruda in particolare, possono spegnere le infiammazioni e dirigere il metabolismo verso l'utilizzo dei grassi: per questo è utile mangiare  alimenti  quali frutta e verdure ricchi di fibre, vitamine e antiossidanti .

 

Ossidazione e infiammazione: un circolo vizioso

 

Lo stress ossidativo e le infiammazioni sono strettamente correlati: infatti, l'ossidazione favorisce le infiammazioni e viceversa. Tutto ciò che riduce l'uno  riduce anche l'altro. Tutti i fattori che portano ad aumentare l'infiammazione e lo stress ossidativo sono anche gli stessi che favoriscono i processi d'invecchiamento, le malattie cardiovascolari, i tumori, la demenza, l'obesità e il diabete.

 

Aiutarsi ad eliminare le cause dell'ossidazione corrisponde a DIMAGRIRE

L’effetto ossidativo può essere contrastato rispettando queste semplici regole:

  • evitare di mangiare troppo: l'eccesso favorisce i processi ossidativi
  • evitare cibi bruciacchiati e carbonizzati, perché gli idrocarburi policiclici aromatici che contengono producono molti radicali liberi
  • aumentare il cibo crudo e assumerlo sempre prima del cotto per evitare la leucocitosi digestiva
  • non eccedere nel consumo di zuccheri: calorie vuote fonti di radicali liberi e privi di sostanze che aiutano ad eliminarle
  • non  far uso di alcolici
  • ridurre l'esposizione a tossine, derivati del petrolio e metalli pesanti, bere acqua depurata e consumare il più possibile  prodotti biologici
  • evitare di fare troppa attività fisica o troppo poca
  • migliorare la respirazione e quindi l'ossigenazione
  • esporsi all’aria aperta e almeno a 20 minuti di sole
  • mangiare lentamente, senza distrarsi e in pieno relax

 

 

Il ruolo dei mitocondri

 

I mitocondri sono le "centrali energetiche" della cellula; producono l'energia necessaria per molte funzioni cellulari, quali il movimento, il trasporto di sostanze, la loro trasformazione e il loro impiego. Essi contengono gli enzimi necessari per far avvenire le reazioni chimiche che recuperano l'energia contenuta negli alimenti e l'accumulano in speciali molecole di adenosintrifosfato (ATP), nelle quali si conserva concentrata e pronta all'uso.

Questi organuli sono numerosi all'interno della cellula, ma la loro quantità può variare molto a seconda dei tessuti presi in esame: per esempio, sono estremamente numerosi nelle cellule renali, muscolari, tessuto nervoso e cardiaco in cui vi è un continuo e grande consumo di energia.

L’ossidazione dei tessuti e l’accumulo di tossine porta a un danneggiamento dei mitocondri  che sono i più esposti ai danni da radicali liberi.

 

Quindi, se la produzione di energia cellulare viene danneggiata, i mitocondri lavorano più lentamente ed i grassi, invece di essere metabolizzati, vengono accumulati sotto forma di tessuto adiposo.

 

Indice glicemico e insulino-resistenza:  diabete e aumento ponderale

 

 

Nelle persone diabetiche, esiste un problema di gestione degli zuccheri, compresi quelli che derivano dalla digestione e dall'assimilazione degli alimenti amidacei (pasta, pane, riso, patate, ecc...) e dalla trasformazione degli acidi grassi. Il diabetico, ma anche chi semplicemente è in sovrappeso o presenta patologie metaboliche come ipertensione, ipercolesterolemia o ipertrigliceremia (tutti insieme questi fattori oppure solo alcuni presenti contemporaneamente), dovrebbe alimentarsi con alimenti a basso indice glicemico e con pasti a basso carico glicemico.

Per ottenere questo, è opportuno aumentare il consumo di frutta e verdura cruda,e usare alimenti integrali, germogli, legumi e una pasta ricca di fibra, povera di calorie e a basso indice glicemico e tanto movimento e una sana respirazione. Questi piccoli cambiamenti nello stile alimentare portano a grossi benefici  per la salute, riducono il dolore e l’infiammazione tipici degli stati acuti e cronici e, naturalmente, inducono al dimagrimento.  

 

Alimenti da evitare in corso di stato infiammatorio acuto e cronico:

 Carne rossa e carne di maiale, e comunque tutte le proteine animali, caffè, alcool, zuccheri semplici e composti, miele, pepe e peperoncino, grassi animali e vegetali (dei vegetali solo il 10% delle calorie totali giornaliere), frittura, cibi troppo salati, latticini e derivati.

 

 

I cibi che aiutano a ridurre l’infiammazione:

 

 

Frutta e verdura possibilmente cruda, , (almeno 5 porzioni di questi due alleati per la nostra salute ogni giorno), tutti i cibi integrali, pane, pasta, riso, cereali in genere e naturalmente farine integrali mandorle e noci in piccole quantità (30g al dì se assumiamo l’avocado ovviamente eviteremo i semi oleosi), bere molta acqua biologicamente pura, la troviamo nella frutta in quantità generose!

 

 

Artrite e artrosi: consigli a tavola

 

 

Il benessere parte dalla tavola, anche per i pazienti reumatici. Gran parte dei malati può trarre giovamento da un’alimentazione corretta, ricca di nutrienti particolarmente utili in caso di malattie come l’artrite reumatoide, l’artrosi e la gotta. Ma quali sono i cibi giusti? 

 

 

 

 

 

DIETA  

 

 

Partiamo dalla dieta ad esclusione, seguita da molti pazienti con artrite reumatoide e artrosi in genere. Con questo approccio alimentare vengono esclusi tutti gli alimenti ad alto rischio infiammatorio e rintrodotti con una frequenza di un alimento a settimana, in quanto ciascun paziente ha una reattività specifica propria ad ogni alimento e non sempre ciò che porta beneficio ad un singolo individuo porta gli stessi benefici ad altre persone seppure con la stessa patologia e sintomatologia. Dopo 7- 10 giorni di dieta in cui si mangiano soltanto poche categorie di cibi, circa  il  30-40% dei malati trae beneficio da questo approccio e riesce a individuare i cibi inadatti a sé. Tuttavia si è visto che alcune categorie di alimenti sono più dannose di altre su un vasto campione di popolazione. Spesso si tratta di  farine raffinate, grano, frumento e mais, carni rosse e di maiale, proteine animali in genere, anche latte, uova,  caffè , grassi e zuccheri .

Buoni risultati si ottengono sui sintomi delle malattie reumatiche con la dieta–vegana e crudismo. Per tutti, indipendentemente che il problema sia l’artrite reumatoide, la gotta o l’artrosi, vale un consiglio: smaltire i chili di troppo se si è in sovrappeso, perché, come abbiamo imparato, il grasso mantiene lo stato infiammatorio e quindi il dolore.

 

INSULINA E INFIAMMAZIONE

Intanto vediamo che cos’è l’insulina. E’ un ormone molto potente prodotto dal pancreas in risposta ad un’alimentazione a prevalenza di carboidrati. Quando è alta provoca gravi problemi, ma se è mantenuta a giusti livelli fisiologici apporta benessere ed energia!

Vediamo il cammino: i carboidrati quando arrivano nell’intestino, vengono scissi in zuccheri semplici e assorbiti a livello della mucosa intestinale, passano poi nel flusso ematico dove stimolano il pancreas a produrre insulina che ha il compito di trasportarli dal sangue ai tessuti legandosi a ricettori tissutali.

Li porterà al fegato, ai muscoli e al tessuto adiposo. Al fegato e ai muscoli sotto forma di Glicogeno al tessuto adiposo sotto forma di Trigliceridi.

L’insulina è fondamentale per l’uomo, perché permette di tenere la glicemia a livelli costanti ed evitare che il sangue si trasformi in uno sciroppo. Se quando mangiamo, gli zuccheri che ingeriamo sono in eccesso, il nostro corpo non riesce a metabolizzarli, ed ecco che interviene il pancreas con l’insulina per trasportare le molecole di zucchero, per mantenere la glicemia entro i 60 e i 130 mmg/dl  milligrammi per decilitro. Sia un valore inferiore che superiore rappresenta un pericolo per il nostro organismo.

Sarà l’indice glicemico che ci dirà quanto velocemente un determinato carboidrato si trasforma in glucosio sanguigno. Abbiamo delle tabelle dove sono citati gli alimenti con indice glicemico più alto e più basso. In base a questa gerarchia potremmo scegliere i cibi più adatti a noi. Ovviamente se assumiamo alimenti con indice glicemico più alto maggior insulina verrà secreta, più lavoro per il pancreas. Più insulina verrà secreta  più  glucosio si preleverà con bruschi abbassamenti della glicemia il risultato sarà un’ ipoglicemia reattiva o postprandiale (la tipica sonnolenza dopo un lauto pasto a base di carboidrati). Quando questo si verifica tutti i giorni il pancreas si ritroverà gravato da un superlavoro con conseguente indebolimento ed esaurimento. Altra cosa da tener presente è l’alto contenuto di grassi nella dieta che non dovrebbe superate il 15-20% delle calorie totali giornaliere, se superano queste percentuali i grassi si depositeranno sulle pareti dei vasi sanguigni, sia attorno alle molecole di glucosio, sia attorno a quelle d’insulina, formando un sottile strato isolante, impedendo un agevole trasferimento del glucosio dal flusso circolatorio alle cellule. Il glucosio non riuscendo ad abbandonare il sangue farà alzare la glicemia, il pancreas manderà i suoi operai specializzati (insulina) e ci sarà il circolo del malessere! Mi riferisco a qualsiasi tipo di grasso ingerito sia quello vegetale che quello animale. Il corpo ha previsto un aiuto per il pancreas che interviene quando  ha perso le sue energie, si tratta delle ghiandole surrenali. Esse producono un ormone, l’adrenalina, che stimola la funzione pancreatica ad aumentare efficacemente la produzione d’insulina. Si capisce bene che se non ci sarà un equilibrio alimentare tutto questo ci porterà a stressare due organi. Fra l’altro le ghiandole surrenali vengono sempre da noi  disturbate per la nostra vita piena di stress, i nostri conflitti in famiglia sul lavoro….da quando suona la sveglia al mattino fino alla sera quando non riusciamo a prender sonno! Viviamo in un costante affaticamento delle surrenali.

A cosa ricorriamo per far fronte a questo esaurimento? Al caffè, sale, zucchero, sigarette, alcool ecc ecc, aggiungendo altro stress perché queste sostanze nervine stimolano la liberazione di ormoni surrenali. Doppio stress anche per loro come per il pancreas. Risultato: affaticamento ed esaurimento “Sindrome della fatica cronica” , “Fibromialgia”.

Altra cosa importante che succede se i livelli d’insulina si alzano sono:

l Enzimi che  favoriscono la produzione di tessuto adiposo

l Effetto negativo su alcuni ormoni chiamati prostaglandine (PGE1-PGE2)

-          Le PGE1  (buone)sono:

-        Antinfiammatorie

-        Vasodilatatorie (dilatano i vasi sanguigni)

-        Ipotensive

-        Controllano la prolificazione cellulare (anti-tumorali)

-        Aumentano la risposta del sistema immunitario

-        Fluidificanti (antiaggreganti)

-         

-        Le PGE2 (cattive)al contrario sono:

-        Pro-infiammatorie (intensificano le infiammazioni)

-        Vaso costrittori (aumentano i valori della pressione)

-        Ipertensive

Abbassano le difese immunitarie

-        Facilitano l’aggregazione piastrinica

-        Pro-trombotiche.( favoriscono la produzione di trombi-coaguli di sangue)

-        Stimolano la prolificazione cellulare

 

 

lL’insulina attraverso le PGE2 provocano:

Ÿ A livello digestivo: aumento secrezione nello stomaco, acidità gastrica.

Ÿ A livello respiratorio: bronco-spasmo, asma

Ÿ A livello neuropsichico: attacchi di panico, poca concentrazione

Ÿ A livello ipotalamico: aumento della fame

Visto che abbiamo parlato di GRASSI vorrei dare un’occhiata anche a loro. Mi riferisco ai Lipidi semplici costituiti da trigliceridi per il 95% nel nostro organismo. Si dividono in saturi e insaturi.

 Quelli saturi sono i grassi animali sono quelli più resistenti che si conservano meglio ma sono quelli che ci creano più problemi a livello della membrana plasmatica essendo molto rigidi, che per un discorso di passaggi è fondamentale, facilitato da un movimento fluido che è quello dei grassi insaturi

Quelli insaturi i cosiddetti grassi vegetali a doppio legame, quelli meno resistenti che si irrancidiscono con facilità e che vengono aggrediti dai radicali liberi. Vengono usati dall’industria in modo ingannevole rendendoli solidi con un processo di IDROGENAZIONE un processo chimico con l’aggiunta di idrogeno e nichel, allo scopo di rendere conservabili prodotti che altrimenti andrebbero incontro a deterioramento. Fra questi grassi polinsaturi troviamo L’omega 3 e l’Omega 6. L’omega 3 è sia di origine animale che vegetale.  Da un ultimo studio dell’università’ di Wales da parte del Dr Michael Burr,  è emerso che l’omega 3 contenuto nel pesce non sia così salutare per il cuore. I pesci ospitano molti batteri, che si moltiplicano anche alle temperature più fredde. La puzza del pesce indica che questi batteri hanno iniziato a moltiplicarsi e a decomporre il pesce. La decomposizione interessa gli acidi grassi omega 3 che non solo diventa inutile ma rilascia radicali liberi. Questo innesca vari danni e malattie. Di contro l’olio di semi di lino derivante da fonti vegetali contiene il doppio di acidi grassi Omega 3. Esiste uno studio pubblicato su “American Journal Chardiology” dove spiega e suggerisce che il consumo di pesce non migliora la salute del cuore né la cardiopatia.

 Gli omega 3 sono Importanti perché componenti principali delle MEMBRANE PLASMATICHE.  La membrana plasmatica è  costituita da un doppio strato fosfolipidico attraverso il quale alcune proteine hanno la funzione di far passare le sostanze.

  I grassi insaturi sono importantissimi per il fatto che la membrana delle cellule cerebrali per il 60% è costituita da DHA, quindi per il cervello è fondamentale l’acido insaturo l’omega.

I vari oli vegetali contengono omega 6 e A.A. ma scarsi di Omega 3 di cui sono ricchi i pesci (se nutriti di placton e non mangime) e a livello vegetale l’olio di l

 

 

GLI ACIDI GRASSI “BUONI”

 

 

 L’avocado (tecnicamente un frutto) è un alimento pressoché perfetto per il vostro organismo: un propellente alcalinizzante, energizzante ed idratante!
Gli avocado sono una cospicua fonte di proteine, grassi monoinsaturi, acidi grassi essenziali, steroli vegetali benefici, clorofilla, compresa un’ampia gamma di micronutrienti e tutto ciò senza contenere amido e con pochissimo zucchero ed un elevato contenuto di grassi e proteine.
Gli avocado sono considerati la risorsa ricca di grassi e proteine più facilmente digeribile tra tutti i cibi. Infatti, sono costituiti per l’80% da grassi salubri e per il 15% da proteine. Forniscono più proteine del latte vaccino e contengono tutti gli amminoacidi essenziali (i mattoni costitutivi delle proteine): tutti e 18. E gli avocado sono generosi in acidi monoinsaturi salutari ed acidi grassi essenziali (7 varietà, inclusi omega-3 ed omega-6). I loro grassi salubri sono utili nella costruzione cellulare, aiutano ad abbassare il colesterolo e fungono da risorsa energetica che può essere bruciata dall’organismo come carburante. Sono un’alternativa migliore dell’ossidazione del glucosio (zucchero) o, addirittura, delle proteine, dei quali rimane nel sangue lo scarto di cenere acida. Questa loro qualità li rende utili soprattutto ai diabetici, sia di tipo I che di tipo II,ma non devono superare mezzo avocado al giorno.

 

 

 

 

I SEMI DI LINO

 

I semi di lino possiedono diverse proprietà terapeutiche curative e per questo dovrebbero essere consumati quotidianamente con la nostra alimentazione!

L’alto contenuto di minerali (in particolare fosforo, rame, magnesio e manganese), delle vitamine (B1, E, B2) di proteine (20%) e lipidi (40%) fanno dei semi di lino delle piccole perle per la nostra salute.

I semi di colore bruno contengono grandi quantità di lignani, potenti anticancerogeni e costituiscono la più ricca fonte conosciuta di un acido grasso essenziale della famiglia degli omega-3: l’acido alfa-linolenico. Questi grassi sono definiti anche essenziali poiché non possono essere sintetizzati dall’organismo, a differenza di quelli saturi.
Secondo varie ricerche condotte negli Stati Uniti, il consumo dei semi di lino sembra possa ridurre il rischio di sviluppare alcuni tipi di tumore: seno, prostata, e colon. Secondo i ricercatori dell’Università del Texas, ai fini di combattere e prevenire il tumore alla prostata, è utile aggiungere i semi di lino alle insalate, ai succhi di frutta, nel pane e nello yogurt. Inoltre, vengono utilizzati anche per la cura di ascessi, catarro, emorroidi, infiammazioni della gola, dell’intestino e della vescica, mentre le mucillagini presenti nei semi proteggono le mucose gastrointestinali e leniscono i disturbi a esse connessi.

 

Come utilizzare i semi di lino:
I semi di lino possono essere consumati dentro alle minestre di verdure e alle insalate, insieme a yogurt e cereali durante la colazione o anche semplicemente accompagnati al pane.
L’assunzione quotidiana di 1 cucchiaio di olio di lino ci fornisce l’apporto giornaliero di acidi grassi insaturi (omega3), che il nostro organismo non può produrre da solo.

 

I MICRONUTRIENTI

 

 

Sì al consumo di antiossidanti come vitamina C, vitamina E e carotenoidi: dovrebbero essere introdotti con la dieta ed è meglio evitare la tentazione delle mega-dosi degli integratori, perché, soprattutto se auto prescritti, si potrebbero avere effetti collaterali dannosi, quindi ancora resta il consiglio di rivolgersi al medico. La migliore fonte di vitamine la troviamo nella frutta e nella verdura, cruda possibilmente!

Un supplemento minimo di vitamina C si è dimostrato utile nei pazienti con artrosi che non ne prendono a sufficienza con la dieta. Inoltre non dimentichiamo l’attività fisica, che non deve mai essere inferiore a mezz’ora tutti i giorni (passeggiata a passo sostenuto, cyclette, tapis  roulant) o un’ora di attività fisica dalle due a tre volte a settimana (ginnastica posturale, yoga, piscina o ballo).

 

 

Con l’aiuto dei cibi giusti, con una equilibrata attività fisica, pensieri positivi, tanta respirazione all’aria aperta non solo si può controllare il dolore e arrestare il processo degenerativo proprio degli stati infiammatori avanzati , ma si restituisce al paziente l’auspicabile dignità di vita.

 

 

 

 

GLI ECCESSI ALIMENTARI E LO STILE DI VITA "CIVILIZZATO"

Gente seduta ad aspettare il proprio turno che sembra non arrivare mai , dolori, infiammazioni, influenze, tanto malessere .

 Il pronto soccorso dell'ospedale Civico e le case sono tutto questo, soprattutto nei giorni dopo le feste, quando gli ammalati, aumentano in maniera vertiginosa a causa delle grandi abbuffate e bevute delle feste  e di uno stile di vita davvero dannoso, considerando che si dorme di meno e aumenta lo stress.

Quante persone conoscete che in questi giorno sono a letto ammalate, preda dell'influenza o di altri virus?
L’Epifania è passata e, come il detto vuole, ogni festa s’è portata via. Ciò che ci rimane, come ricordo delle feste, è la condizione fisica post-abbuffate natalizie! 
È vero che le feste sono un bel pretesto per riunirsi e godere insieme di ricchi pranzi e cene, ma è altrettanto vero che l’organismo ne risente.
Cosa succede al corpo che si trova a dover gestire un sovraccarico di cibo maggiore e uno stile di vita esagerato rispetto alla normalità ?  Succede che le fisiologiche funzioni dell’organismo si indeboliscono  abbiamo tanta spazzatura dentro,  batteri e virus cercano di aiutarci cibandosi di tutto questo.

Aumentano perchè la spazzatura è tanta.

Alcuni studi hanno dimostrato che i batteri possono trasformarsi in virus in funzione di ciò che gli viene dato come substrato nutritivo (cfr. S. Sonea e M. Panisset in Introduzione alla nuova batteriologia, stampa dell’università di Montréal, 1980).

Béchamp, fondatore dell’enzimologia,  (1816 – 1908, fu uno dei più grandi scienziati del XIX secolo . Medico, chimico, naturalista, biologo, fu professore di chimica medica e farmaceutica presso la Facoltà di Montpellier, professore di biochimica e fisica all’Università di Parigi, poi Preside della libera facoltà di Lille), ha identificato minuscoli corpuscoli, più piccoli della cellula: i microzimi. Questi ultimi sono all’origine della vita e li si ritrova tanto nell’uomo che nell’animale, nel vegetale o nei microrganismi. Nell’uomo la loro forma varia secondo lo stato complessivo del terreno nel quale essi vivono e del quale si nutrono. La malattia si manifesta quando uno squilibrio turba le normali funzioni dei microzimi. Quando lo stato di salute è alterato (dalla malnutrizione, da un’intossicazione o da stress fisico o psichico), il microzima si trasforma in germe patogeno, cioè in un microbo!

Per Antoine Béchamp lo stesso microbo può assumere più forme adattandosi all’ambiente nel quale vive: è la teoria del polimorfismo, le cui conseguenze, se fosse stata presa in considerazione, avrebbero rivoluzionato il nostro approccio alla salute ed alla malattia.

Per Pasteur, invece,  il microbo provoca la malattia, abbiamo poi assistito, dal suo letto di morte, che Pasteur avrebbe ritrattato e affermato: "Claude Bernard aveva ragione, il microbo non è niente, ed il terreno è tutto. In effetti, se il microbo fosse stato il solo responsabile, come si poteva spiegare il fatto che le infermiere che curavano i tubercolotici non venivano contagiate, mentre altri soggetti, molto meno esposti al bacillo, si ammalavano molto rapidamente?

Nel periodo delle feste tendiamo a mangiare cibi prevalentemente a base di farine (soprattutto raffinate), ed eccediamo con gli zuccheri e i grassi (pensiamo ad esempo ai salumi). E non solo: via libera a brindisi e festeggiamenti a base di vino e spumanti. 
La
 farina raffinata, la classica tipo 00 per intenderci e lo zucchero bianco sono gli alimenti più dannosi in assoluto per l’essere umano e un sovraccarico di questi cibi, abitualmente consumati nel periodo natalizio, sottopone il fisico a un maggiore sforzo per gestire la grande quantità di tossine che si accumulano.
Questi cibi  indebolendo il nostro sistema immunitario. Si tratta di alimenti che hanno mantenuto ben poco del loro originario valore nutrizionale e che il corpo non riconosce come cibi “naturali e fisiologici” e si ritrova così a intraprendere una vera e propria battaglia per eliminare gli effetti tossici che ci procurano nell’organismo. 
Durante le feste dovremmo goderci  le ferie e il meritato riposo lasciandoci alle spalle parte dello stress lavorativo che ci portiamo dietro durante l’anno. Succede, invece, che tutto lo stress viene moltiplicato, non riusciamo a riposare a rilassarci,  e pretendere il relax mentale che meritiamo e che ci dovrebbe influenzare positivamente sul nostro corpo, quest’ultimo si ritrova quindi oberato di lavoro e sovraccaricato più che in ogni altro periodo dell’anno. 

In un organismo impegnato a ripristinare, dopo le abbuffate natalizie, la salute al suo interno, le fisiologiche difese diminuiscono e aumentano virus e batteri ,
tutta questa proliferazione perversa di patologie, peggiora con l'esercito di cure non adeguatamente corrette, una serie di errori fondamentali di impostazione e di filosofia terapeutica, che non corrisponde affatto alla realtà della situazione.
Un meccanismo medico barocco e grottesco, costoso e complicato, ridondante e gonfiato all’inverosimile.

Un labirinto inestricabile di ricette e prescrizioni per farmaci il più delle volte rischiosi, pericolosi e sbagliati, consigli alimentari obsoleti il più delle volte artefatti, addomesticati, inattendibili, e  i poveri pazienti, spinti o costretti verso cure in cui intimamente non credono, finiscono spesso, vittima di incongruenze, come caffè , sigarette e cibi sbagliati esempi assai poco edificanti e formativi nell'ambito sanitario.

 

Un mondo privo di autentica e vera educazione di "stile di vita", un mondo che si ritrova orfano della assistenza guaritrice efficace di cui ha bisogno.

Nel mondo delle apparenze e del consumismo, è indispensabile avere un corpo magro, ascetico e longilineo.

Ma è altrettanto importante mangiare spesso, abbondantemente e in compagnia, per non sentirsi esclusi dalla vita sociale.

Purtroppo questi due obiettivi sono incompatibili tra loro, per ottenere il nostro benessere .

Così, nel tentativo impossibile di conciliarli, stressiamo il corpo e ottundiamo la psiche, alternando abbuffate e astinenza, fino a scivolare, senza rendercene conto, in una dipendenza alimentare sempre più dannosa e invincibile.

Uno stile pericolosamente bipolare si è impadronito delle nostre abitudini alimentari, portandoci a intervallare periodi maniacali, di anarchia e grandi mangiate, a periodi di austerità e rigore, indispensabili per ristabilire il peso forma e la salute.

“Chi non mangia in compagnia è un ladro o una spia” recita il proverbio, segnalandoci quella che, interiormente, consideriamo una verità incontestabile.

Mangiare insieme, infatti, è simbolo di solidarietà e fratellanza.

Condividere il cibo crea un clima di complicità e di confidenza che ci fa sentire bene.

Ma, proprio questa piacevole armonia, rende difficile perseguire criteri alimentari basati su parametri diversi da quelli professati dalla maggioranza.

Staccarsi dal branco per seguire un’alimentazione personale, nell’immaginario collettivo segnala il disadattamento o l’emarginazione, e indica un’incapacità a rispettare le regole prescritte dalla vita sociale.

Così, chi si discosta dalle abitudini comuni finisce per sentirsi strano, a disagio, rifiutato e solo.

E, nonostante i buoni propositi, spesso sceglie di riprendere le consuete usanze alimentari, pur di integrarsi nella comunità.

Mettersi a dieta, intesa come “scelta del cibo che non ci nuoce” perciò, non è solamente una questione di disciplina e di volontà, ma una prova che, oltre a scardinare la dipendenza alimentare e affettiva, costringe ad assumersi la responsabilità della propria vita, facendo crescere l’indipendenza e l’autonomia.

Per questo è tanto difficile.

Da un punto di vista etologico, gli esseri umani sono animali da branco.

Apparteniamo a una specie che ha bisogno della condivisione, dello scambio e del contatto, per vivere una vita appagante.

L’isolamento, la solitudine, l’emarginazione e il rifiuto, ci fanno sentire vuoti, privi di scopo e di significato, e, per superare questa dolorosa sensazione interiore, siamo disposti a sostenere innumerevoli compromessi.

Chi decide di seguire uno stile alimentare più salutare ma poco comune, incontra tante difficoltà e, in genere, dopo un periodo di tentativi e ricadute, finisce per rinunciare alle proprie scelte per seguire le vie maggiormente condivise, anche quando queste si rivelano palesemente dannose.

 

Ecco perchè, lo scoglio più grande da affrontare, quando s’intraprende un cambiamento nello stile alimentare, è la vita sociale.

La reazione delle persone che ci circondano e che amiamo, infatti, può mandare in frantumi la più solida motivazione, facendo deragliare irrimediabilmente tutti i nostri progetti.

Naturalmente, smettere di utilizzare determinati cibi, provoca sempre una crisi di astinenza, cioè un malessere che segnala la mancanza delle sostanze cui l’organismo si è assuefatto.

Ma, questo doloroso stato fisico, può essere gestito con cibi di transizione, capaci di soddisfare l’astinenza modificandola progressivamente, fino a farla sparire del tutto.

Per superare la dipendenza alimentare, infatti, esistono tante soluzioni, studiate apposta per affrontare i momenti difficili e ridurre a zero l’assuefazione, senza traumi.  

La difficoltà, nel cambiare le proprie abitudini alimentari, non deriva dalla dipendenza dai cibi ma dal bisogno di rispecchiamento, insito in ciascuno di noi, che spinge a cercare costantemente l’approvazione degli altri, anche a costo di rinunciare alla salute, e anche dall’associazione e dall’ancoraggio che si è fatto di quel cibo con momenti piacevoli della nostra vita.

Tante persone informate, sensibili e attente, si rendono conto che gli alimenti che consumiamo quotidianamente sono sempre più poveri di nutrienti, artefatti e pieni di sostanze dannose per l’organismo.

Ma, il bisogno di condivisione e il desiderio di sentirsi parte di un gruppo, spingono a fare costanti compromessi e a ricercare la complicità degli altri, anche a discapito del proprio benessere fisico.

Così, chi decide di intraprendere una dieta più sana si trova spesso davanti a un bivio.

Da una parte la motivazione al cambiamento e la voglia di seguire scelte più salutari, e dall’altra la gestione quotidiana dei pasti insieme alle persone care, con tutte le difficoltà che accompagnano questa partecipazione.

Infatti, gli amici e i parenti, che non hanno scelto di modificare le proprie abitudini alimentari, guardano con sospetto, diffidenza o ironia, ogni diversa combinazione dei cibi, spesso boicottando apertamente i menù differenti dal proprio.

“Ma chi te lo fa fare… non ne hai bisogno… stai esagerando… goditi la vita… proprio non ti capisco… il tuo è fanatismo… non sai cosa ti perdi…vuoi vivere da malata e morire sana?...”

Ogni volta che ci si discosta dai canoni alimentari abituali e condivisi, il ritornello dei pareri non richiesti e del dissenso, accompagna i pasti consumati in compagnia, costringendo a un confronto forzato, spesso impari e poco obiettivo.

Questo ritornello riecheggia pericolosamente dentro di noi, facendoci sentire rifiutati e soli, e alimentando angosce antiche, vissute durante l’infanzia, quando la minaccia dell’abbandono rappresentava un reale pericolo di vita.

Portare avanti una nuova strategia alimentare, perciò, vuol dire affrontare il cambiamento, dapprima dentro se stessi, accogliendo la paura della solitudine e della diversità, che inevitabilmente si accompagnano a ogni scelta innovativa, e, in seguito, nelle relazioni affettive.

 

Significa danzare al ritmo della propria vita, lasciando agli altri il loro tempo e il loro passo.

La creatività è l’arte di vedere le cose da un punto di vista diverso e, per questo, originale e nuovo.

Ogni conquista personale passa attraverso un percorso di solitudine, trasformandosi in saggezza solamente col tempo.

Cambiare stile alimentare per conseguire un nuovo benessere è un cammino di crescita che conduce a un livello maggiore di maturità e di autonomia.

Presuppone libertà e creatività.

E genera una profonda trasformazione interiore.

Chi vive senza cercare costantemente l’approvazione degli altri, alimenta l’indipendenza dentro di sé, mostrando, con le sue scelte e con la sua vita, la strada verso orizzonti nuovi.

                                                              di Carla Sale Musio

 

DETOX CON L'UVA

LA CURA DELL'UVA PER DEPURARE E RINGIOVANIRE

 

UNA BEVANDA CHE VIENE DA MOLTO LONTANO

L’uva, per le sue componenti e caratteristiche, si presta in modo eccellente a una cura disintossicante e ricostituente. La cura dell’uva consiste nel nutrirsi degli acini, oppure nel bere esclusivamente il succo, o anche nel fare ricorso ad ambedue le pratiche. La cura dell’uva veniva praticata dalle antiche popolazioni arabe ed anche nell’antica Grecia. La raccomandava pure Galeno a un suo paziente speciale di nome Marco Aurelio. Cura dell'uva dunque in auge anche nella Roma dell'impero.

UVA COME POTENTE ANTI-ACIDO

L’uva è estremamente digeribile e possiede numerose proprietà terapeutiche. Dolce, succosa ed energetica. Bianca, dorata, violacea o nera, l’uva è un tipo di frutta particolarmente saporito e ricco di virtù salutari conosciute fin dai tempi antichi. Mezzo chilo d’uva ha lo stesso potere antiacido di tre cucchiaini di bicarbonato. Lo riporta pure il dr René Andreani in un suo ottimo articolo ripreso da www.vegetarian.it

RINFORZANTE DEL SISTEMA IMMUNITARIO

Ricca di vitamine (A, B1, B2, C, PP) e di sali minerali, l’uva rafforza le difese immunitarie ed è un buon ricostituente. Combatte l’anemia, contrasta la stitichezza essendo blandamente lassativa. È un autentico decongestionante epatico. Aiuta a depurare il fegato dalle tossine, essendo diuretica.. Il frutto contiene numerose sostanze salutari come A) Glicidi (glucosio e fruttosio o levulosio, 120-150 grammi di buon zucchero al chilo), B) Pectina, C) Gallati, D) Oli eterei aromatici, E) Acidi organici (malico, succinico, salicilico e tartarico), F) Minerali organicati (fosforo, calcio, magnesio, rame, manganese, potassio, ferro, sodio, iodio), G) Flavonoidi, enocianine, tannini e cremortartaro (sostanze che stanno sulla buccia e che variano a seconda del colore dell’uva), H) Enocianina, colorante e tonico naturale, I) Resveratrolo, sostanza dotata di azione antitumorale, antiinfiammatoria e fluidificante del sangue che limita l’insorgenza di placche trombotiche e difende da batteri e funghi, prezioso per i postumi da diverse operazioni chirurgiche come l'asportazione della milza.

PREZIOSA NELLE CONVALESCENZE E NELLE GRAVIDANZE

La cura dell’uva è indicata nelle convalescenze, durante la gravidanza, nell’astenia, nell’artritismo. Può servire negli stati febbrili, nei soggetti sofferenti di nefrite, azotemia, edemi, ipertensione, dermatosi. Le uve più adatte includono Aleatico, Barbera, Cabernet Sauvignon, Cabernet Cardinal, Ciliegiolo, Fragola nera (Isabella), Lacrima di Moro d’Alba, Merlot, Montepulciano, Sangiovese, Vernaccia nera e tante altre ancora.

PRINCIPALI PROPRIETÀ DELL'UVA

Energetica, rimineralizzante, disintossicante (favorisce il drenaggio organico). Grande alleata di bellezza e benessere, oltre che efficace antidoto contro lo stress generato dal rientro alla vita normale dopo un periodo di vacanza e relax, grazie alle sue proprietà tranquillanti.

LA MELATONINA STA NELLA BUCCIA E NEI VINACCIOLI

La melatonina contenuta nella buccia e nei chicchi di uva può contrastare il cosiddetto “stress da rientro al lavoro” dopo la pausa estiva, regolando i ritmi circadiani (i ritmi biologici che hanno la durata di 24 ore) negli esseri umani, proprio come fa l’ormone prodotto naturalmente dalla ghiandola pineale situata nel cervello.

UNA BEVANDA NON-PLUS-ULTRA VALIDA PER TUTTI

Molto digeribile, contribuisce a ridurre il livello di colesterolo nel sangue e a eliminare l’acido urico. Provoca una ipersecrezione biliare. Un bicchiere di succo d’uva nera rallenta l’attività delle piastrine del 75%, per ridurre in modo significativo il rischio di trombosi e di infarto cerebrale, favorisce l’attività cardiaca, purificando il sangue, giova al sistema nervoso, ed è preziosa nel corso di sforzi fisici e psichici. Indicata per i dispeptici, gli stitici, i litiasici biliari e urinari.

PANACEA CONTRO L'OBESITÀ

Ottima cura contro il sovrappeso? Due giorni su 10 alimentarsi solo di uva, con 1200 kg/giorno. Disinfettante ed antivirale, è una panacea per obesi e per affetti da piorrea, previene patologie degenerative, quali il morbo di Alzheimer,.aiuta a ostacolare la comparsa di tumori e rallenta la degenerazione delle cellule cerebrali. Esistono documentati casi di guarigioni importanti. Nel 1920 la dottoressa sudafricana Johanna Brandt riuscì a curare un cancro allo stomaco come racconta nel sul libro "La cura dell’uva". Tutto questo è favorito di più dall’uva nera che da quella bianca, perché contiene una maggiore concentrazione di flavonoidi (circa 20 volte di più). È utile se associata alle cure contro gli avvelenamenti e le intossicazioni croniche da piombo e mercurio.

SUCCO D'UVA ADATTISSIMO PER L'INFANZIA

Impressionante l'equivalenza tra succo d'uva e latte di donna. Il latte di donna contiene acqua 87%, materie azotate 1,5 %, materie minerali 4% e zucchero 11%. Il succo d'uva contiene acqua 75-83%, materie azotate 1,7%, materie minerali 1,3%, zucchero naturale 12-30%. Il succo d'uva è da considerarsi una specie di latte vegetale ad alto valore calorico (oltre 900 calorie per 1 kg di uva). Il tutto senza introdurre nel corpo un sovrappiù di proteine negative.

CURA PROLUNGABILE A DUE SETTIMANE

Ecco dunque qualche consiglio per una cura dell’uva adatta a tutti. La cura va fatta se possibile con uva nera e si prolunga generalmente per un paio di settimane. Il succo d’uva, definito latte vegetale, molto simile, per la sua composizione al latte umano, è consigliato in particolar modo a bambini, studenti, sportivi, anziani, gestanti e puerpere. In fitocosmesi viene usato per lozioni tonificanti e maschere idratanti e schiarenti. Prima di essere mangiata, l’uva va sempre accuratamente lavata in acqua corrente, in modo da togliere la polvere e le eventuali tracce di solfato di rame che possono essere presenti sulla buccia. Prima di intraprendere una cura dell'uva è opportuno uno stop totale da ogni eventuale farmaco.

LA CURA DELL'UVA È PRATICA COMUNE IN GERMANIA, AUSTRIA E SVIZZERA

Perché una cura a base di uva sia efficace bisogna alimentarsi di sola uva con 1-2 chili al giorno. Va iniziata alla fine di agosto fino alla fine di ottobre. Durante il periodo estivo il corpo umano tende a produrre una dose maggiore di radicali liberi, quindi prima della stagione fredda l’organismo va protetto. Viene particolarmente praticata in Germania, Austria e Svizzera, mentre in Italia si preferisce la cura del vino, che è ovviamente tutt'altra cosa.

NELLA CURA PROLUNGATA EVITARE SEMI E BUCCE

In genere va bene masticare la buccia ed anche i vinaccioli. Ma se la cura si prolunga per parecchi giorni, non ingerire mai, i vinaccioli e le bucce. Dopo diversi giorni di cura dell’uva, l’intestino si pulisce eliminando ogni traccia di olio e lubrificanti vari, quindi le bucce ed i semini faticherebbero a scorrere rischiando di formare un tappo che potrebbe provocare un pericolosissimo blocco intestinale. Contrariamente a quello che si crede, se si mangia esclusivamente uva, la glicemia si abbassa.

PREPARAZIONE ALLA CURA E RIPRESA DALLA CURA

Prima d’iniziare la cura è opportuna una preparazione di alcuni giorni a base di frutta e verdura cruda. Se la cura si prolunga oltre una settimana è opportuno al termine un periodo di rialimentazione graduale. Sono consigliati in questo periodo centrifugati di frutta e verdura, spremute, frullati. Quindi passare poi a frutta e verdura cruda (masticata molto) prima di riprendere la normale alimentazione.

Valdo Vaccaro

LA BUFALA DEGLI OMEGA 3

LA BUFALA DEGLI OMEGA 3

 

Una ricerca medico-scientifica condotta su oltre 19.000 persone, alla fine dell'anno 2010 in Gran Bretagna, i cui risultati sono stati resi noti in un articolo apparso sull'American Journal of Clinical Nutrition, rileva che l’assunzione di omega 3 è più efficiente se questi provengono dai vegetali.

Infatti vegetariani e vegani provvederebbero autonomamente alle proprie necessità di acidi grassi essenziali omega 3 ricavandoli dagli acidi grassi omega 3 vegetali, quindi senza dover introdurre nella propria dieta la carne di pesce. 

Tali grassi sono importanti per il buon funzionamento dei meccanismi metabolici. 
È già noto da tempo come gli omega 3 si possano ricavare molto più facilmente da fonti vegetali, come noci, semi di lino e olio di semi di lino, piuttosto che dal pesce (che ne contiene decisamente meno di quanto si crede, poiché gli omega 3 diminuiscono a seconda del tipo di cottura), ma questo nuovo studio rende ancora più evidente come la fonte privilegiata di questi acidi grassi essenziali sia proprio quella vegetale. 
(Dr.ssa Luciana Baroni)

Gli stessi cancerologi non appena fanno un passetto avanti nelle loro conoscenze apprendono pure che la frutta secca (noci, nocciole, mandorle, pinoli, semi di girasole, semi di lino, olive e olio d’oliva) contiene acido linoleico e acido linolenico, i quali si convertono in prostaglandine 1 e 3-positive, ovvero in Omega3 innocenti e preziosi, assai diverse dalle prostaglandine 2-negative da pesce e da carne, le quali formano invece acido arachidonico causatore di aggregazione piastrinica.

Le sostanze ricche per l’uomo non sono quelle che contengono tanto e intasano, causando notevoli problemi agli organi emuntori, ma quelle che possiedono quantità minime ed assimilabili.
(Valdo Vaccaro)

Noam Mohr è un fisico laureato a Hieil università della Pennsylvania ha lavorato per L’Unite State Pubblic Centre Group sul tema del riscaldamento globale, pubblicando vari dossier sul cambiamento climatico e sul  consumo di carburante. Studi recenti hanno dimostrato che nei prossimi decenni esauriremo tutte le specie di pesci oceanici oggi comunemente mangiati. Dallo spazio si possono vedere le linee tracciate sull’oceano dalle navi che trascinano reti enormi.  La gente pensa che gli oceani siano così vasti da non risentirne, ma così come le nostre emissioni hanno un enorme effetto sul clima, il nostro enorme appetito per il pesce ha anche un enorme effetto sugli oceani. Molte persone credono che mangiare pesce sia salutare perché contiene gli omega 3 che fanno bene al cuore, ma un esame più attento della letteratura scientifica rivela una storia diversa. Un importante studio del Dr Michael Burr e colleghi dell’università medica di Wales ha mostrato che gli uomini che soffrivano di angina il dolore al petto sintomo di cardiopatia avevano un rischio maggiore  di attacchi cardiaci se assumevano capsule di olio di pesce.

-Alcuni dati sul pesce-

Il pesce e i crostacei contengono quantità significative di grassi colesterolo compreso. I gamberetti hanno due volte la quantità di colesterolo del manzo, e un etto di salmone equivale ad un etto di braciola o di pollo come contenuto di grassi.

-Radicali liberi-

I pesci ospitano molti batteri, che si moltiplicano anche alle temperature più fredde come quelle dei frigoriferi. La puzza di pesce indica che questi batteri hanno iniziato a moltiplicarsi e a decomporre il pesce la decomposizione interessa gli acidi grassi omega 3. Una volta che questo processo è iniziato gli omega 3 non solo diventano inutili ma iniziano anche a rilasciare radicali liberi. Questo può innescare una grande varietà di malattie. Il punto è che l’olio di semi di lino derivante da fonti esclusivamente vegetali contiene il doppio di acidi grassi omega 3. Quest’olio non ha colesterolo ha pochi grassi saturi e non si decompone facilmente formando radicali liberi come il pesce. Uno studio recente pubblicato sulla “American Journal Chardiology”, spiega che il pesce non è benefico per la salute, come i consumatori sono spesso portati a credere, lo studio suggerisce che il consumo di pesce non migliora la salute del cuore ne la cardiopatia.

 

 

Il modo migliore di mangiare molto è di mangiare poco; in questo modo potrete vivere così a lungo che alla fine della vostra vita scoprirete di aver mangiato molto. (Anonimo).

Con le informazioni fornite in quest'area tematica vorrei aiutare i lettori a meglio comprendere il fenomeno dell'alimentazione e la grande importanza che essa riveste in relazione alla salute in generale. Essendo Il nostro corpo composto da circa trenta miliardi di cellule appare evidente che la salute dell'intero organismo potrà esistere soltanto quando le cellule stesse sono in buone condizione.

Ogni cellula non è altro che un minuscolo organismo che si alimenta, svolge un determinato compito e crea dei prodotti di rifiuto. Il sangue, con in suo continuo fluire, porta alle cellule il necessario nutrimento e prende con sé i rifiuti che verranno poi eliminati attraverso gli organi escretori (polmoni, reni, ecc,).

Appare evidente che la salute delle cellule, e dell'organismo in generale, è perciò strettamente legata alla qualità del sangue. Se il sangue raccoglie dalle cellule una quantità di rifiuti superiore a quella che il sistema di purificazione riesce ad eliminare sarà costretto a liberarsene accumulandoli in qualche organo (cellulite, gotta, piedi gonfi, ecc.), oppure creando dei punti di sfogo (foruncoli, psioriasi, e altri problemi della pelle in generale).

La situazione creata da un sangue non sufficientemente purificato crea senz'altro i presupposti per queste e molti altri tipi di malattie. Già nel secolo scorso lo scienziato Claude Bernard disse al proposito: "Il fatto che degli elementi deleteri penetrino, o si fermino, dentro di noi, non è sufficiente ad alterare le nostre funzioni organiche. È invece necessario che un componente tossico si fissi in qualche cellula del nostro corpo. È per questa ragione che un organo cessa di funzionare perfettamente ed accusa dei sintomi anomali". Anche Pasteur, giunto in tarda età, confermò questa teoria dicendo: "Bernard aveva ragione, il microbo non ha alcuna importanza. Il terreno di cultura è il corpo ed i germi si moltiplicano assai rapidamente quando i tessuti sono congestionati o intossicati".

Da quanto esposto appare chiaro che l'alimentazione, creando i presupposti per un sangue migliore, può essere considerata come uno strumento atto a prevenire l'insorgere delle malattie oppure ad aiutare la guarigione di quelle esistenti. Oggi vi sono molte informazioni riguardo i cibi e le bevande, purtroppo a volte sono contraddittorie tra loro e generano più confusione di quanto riescano ad eliminarne.

 

LA RAPA ROSSA

Rape Rosse

Barbe rosse, barbabietole rosse o, ancora, carote rosse: sono tutti sinonimi dialettali utilizzati nella lingua locale di alcune regioni italiane, tutti riferiti alle rape rosse. Stiamo parlando di un tubero inconfondibile per il suo particolarissimo colore rosso brillante, tant'è che il pigmento caratteristico delle rape rosse, la betanina, viene assai sfruttato anche dall'industria alimentare.

Rape RosseMalgrado gli appelli di dietologi e specialisti dell'alimentazione, si tende spesso a dimenticare l'importanza fitoterapica e benefica di alcuni ortaggi come, in questo specifico caso, le rape rosse. Dopo una descrizione generale e botanica, analizzeremo quindi le caratteristiche nutritive e terapiche di questo prezioso tubero di rosso vestito.

Generalità sulle rape rosse

 

Seppur appartenente alla stessa famiglia, la barbabietola rossa non dev'essere confusa con la barbabietola da zucchero. 

La rapa rossa ha origini antiche: tant'è che il suo consumo è menzionato persino in alcuni antichissimi scritti greci risalenti al 420 a.C., periodo in cui il tubero rosso era noto semplicemente come beta.  Secondo il pensiero di altri autori, l'origine delle rape rosse risale addirittura al 2.000 a.C., considerata la presenza di alcuni reperti archeologici che la attestano.

Dai tempi più antichi, quindi, la rapa rossa è sfruttata dall'uomo come alimento che ben si presta ad accompagnare carni e piatti saporiti. Tuttavia, la preziosità della rapa rossa non si ferma solo all'ambito culinario: infatti, come approfondiremo durante la spiegazione dell'articolo, la rapa rossa è importante anche per le proprietà terapiche. Non a caso, si parla di rapa rossa come un concentrato di elementi indispensabili per la salute umana.

Diffusione e coltivazione

 

La rapa rossa è un tubero originario dei Paesi europei e dell'Africa del Nord, attualmente coltivato in tutte le aree del Mediterraneo.

La rapa rossa, che non richiede condizioni particolari di coltivazione, ben si adatta ad ogni tipolo di terreno, nonostante preferisca quelli leggermente acidi ed argillosi. La rapa rossa viene coltivata sino ad 800 metri di altitudine, ed ama le regioni a clima temperato.

Descrizione botanica

 

Le rape rosse sono tuberi noti in botanica come Beta vulgaris var. rapa forma rubra: si tratta di una pianta appartenente alla famiglia delle Chenopodiaceae ed al genere Beta. Esistono le varietà da foraggio, da orto, e da zucchero.

La rapa rossa è una pianta biennale erbacea, coltivata talvolta come annua (altezza 0,5-1 metro): similmente paragonabile per forma alla barbabietola, la rapa rossa presenta una pellicola rossa; pure la  radice, le foglie ed i piccioli sono dipinti dallo stesso color rubino. Le foglie presentano una particolare forma a cuore e, nelle specie coltivate, raggiungono una lunghezza superiore ai 20 centimetri, mentre i fiori presentano 5 petali e sono riuniti in spighe.

La rapa rossa fiorisce nei mesi caldi, in particolare da luglio a settembre.

Valori nutrizionali e pigmenti

 

Le rape rosse contengono pochissime calorie (solamente 19 per 100 grammi di prodotto): per questo motivo, rientrano tra i cibi ipocalorici, ottimi alimenti preferibili quindi in diete bilanciate che presuppongono una marcata restrizione calorica. 

Le rape rosse sono costituite da una buona quantità di acqua, corrispondente all'incirca al 91%; si conta solo il 4% di carboidrati ed il 2,6% di fibre; il restante è costituito da proteine e, in minima parte, da grassi.

Rape rosse - Barbabietole rosseEssendo una radice, la rapa rossa funge da miniera di Sali minerali, sapientemente assorbiti dal terreno: potassio, ferro, calcio, fosforo e sodio. Anche le vitamine rivestono un ruolo da protagonista nella composizione dell'ortaggio: tra queste spiccano la B1, la B2, la B3, la A (tracce) e la C.

Nella radice di rapa rossa si ritrova un glicoside che attribuisce la tipica colorazione rosso vivo alla rapa: si tratta della betanina, sfruttata - come accennato - dall'industria alimentare come colorante naturale (E 162), ricavato dalla radice tramite spremitura od estrazione con acqua da frammenti dell'apparato radicale. Altro pigmento riscontrato nella rapa rossa è la betaxantina, che le conferisce striature giallastre.

Ancora, nella radice di rapa rossa si trovano altre sostanze sfruttate nella fitoterapia e nella cosmesi: saponine, antociani, flavonoidi in genere ed allantoine (proprietà idratanti e disarrossanti).

Rape rosse nell'alimentazione

 

Le rape rosse vengono generalmente consumate cotte, malgrado sia preferibile mangiarle crude, grattugiate o a fettine sottilissime - al fine di assumere anche tutte le vitamine, i sali minerali e le fibre in esse contenute.

Alcuni amano cuocere al forno le rape rosse, dunque tostate e gratinate.

Nella fitoterapia, è consigliato il decotto di rapa rossa come depurativo, rimineralizzante e digestivo.

Proprietà terapiche

 

Come abbiamo visto, la rapa rossa vanta numerosissime proprietà terapiche, sapientemente sfruttate in ambito erboristico-fitoterapico. Si tratta di un ortaggio dalle proprietà anzitutto depurative e rinfrescanti. Data la ricchezza di minerali, la rapa rossa s'inserisce tra gli alimenti fortemente rimineralizzanti e, per lo stesso motivo - nonché per la ricchezza di ossalati - è sconsigliata in caso di calcolosi renale.

Il consumo di rape rosse è raccomandabile invece agli anemici: infatti, sembra che le sostanze chimiche presenti nell'ortaggio siano in grado di rivitalizzare i globuli rossi e riequilibrare i livelli di ferro nel sangue.

Tra le altre proprietà attribuite alla rapa rossa, si ricordano quelle antisettiche, nutrienti e ricostituenti; per questi motivi, il consumo di rape risulta particolarmente benefico negli stati influenzali. 

La radice rossa è utile anche per favorire le funzionalità digestive, poiché stimola la produzione di succhi gastrici: a rigor di ciò, è sconsigliata per chi soffre di acidità di stomaco.

Il consumo di rape rosse è inoltre controindicato per i diabetici, considerato il modesto contenuto in zuccheri (4%) di questo ortaggio.

Nella cosmesi, le rape rosse sono utilizzate sia per estrarre il pigmento rosso, sia per preparare creme ad azione capillarotropa ed antiarrossante.

Ortaggio anticancro?

 

Nella rivista International Journal of Cancer, si discute sul ruolo delle rape rosse come potenziale alimento anticancro: la questione è per certi versi discutibile ed oscura, e non esiste alcuna dimostrazione indubbia ed inequivocabile che accerti l'ipotesi. In particolare, nella rivista sopraccitata si discute del possibile ruolo delle rape rosse nella prevenzione del tumore al colon; per altri, le rape rosse sarebbero in grado non solo di prevenirne il cancro, ma anche di contrastarlo.

LA SCALA DELLA SALUTE

Possiamo immaginare la nostra salute come una scala, dove il gradino più alto rappresenta la salute perfetta (irraggiungibile proprio per via della nostra natura umana “materiale”), più si scende nei gradini sottostanti più ci si allontana dal primo, e di conseguenza diminuisce il livello della nostra salute.La Forza Curativa della Natura (chiamata fin dall’antichità “Vis Medicatrix Naturae”) è sempre orientata verso la conservazione della vita, per cui opera incessantemente per farci salire verso il gradino più alto della scala della nostra salute. Il solo modo per poter risalire i gradini della scala è quello di riuscire a sviluppare delle malattie, che di fatto sono l’espressione dello sforzo incessante della Natura per poter raggiungere i gradini più alti e quindi garantirci il maggior livello di salute possibile . Quindi la malattia non è “qualcosa da combattere”, ma piuttosto è il momento fondamentale della guarigione. E’ importante sapere che i gradini più in alto della scala della salute sono relativamente bassi, mentre più si scende nella scala e più i gradini diventano alti (ed è quindi più difficile risalirli).Di conseguenza, la gravità della malattia sarà proporzionata al livello della scala in cui ci si trova. La differenza tra un “raffreddore” ed un “tumore maligno” è che il raffreddore è una malattia lieve perché situata nei gradini più in alto, quindi è molto facile guarire da esso; il tumore maligno invece è una malattia grave perché è situato nei gradini inferiori della scala della salute, per questo è molto difficile guarire da esso e anzi, spesso, di tumore si muore. La malattia c’è solo quando è necessaria, e rappresenta lo sforzo della Forza Vitale per riportare l’individuo in equilibrio più la malattia è grave più lo sforzo della Vis Medicatrix è grande! I tumori sono uno sforzo enorme che Forza Vitale fa per riportarci alla salute,per farci risalire quei gradini molto in basso e molto alti!Per questo è assurdo aggredire le cellule tumorali per distruggerle, bisogna invece aiutare la Vis Medicatrix nel suo sforzo o, ancora meglio, prevenire l’insorgenza di patologie così gravi supportando la Forza Vitale in ogni sua manifestazione di malattia, perché più si è vicini al gradino più alto più è facile risalire e avvicinarsi maggiormente alla salute perfetta! Contrariamente a quanto sembra assodato, non sono i microbi la causa delle malattie. Credere a ciò è come dire che i topi sono la causa delle discariche di immondizia. L’unica e vera causa delle malattie è l’alterazione della Forza Vitale, e l’unica preoccupazione del medico deve essere quella di correggere questa alterazione. I microbi sono sempre presenti in ogni persona in modo silente, senza provocare alcuna infezione. Essi costituiscono la normale flora microbica della pelle e di tutte le mucose del’organismo (mucose delle vie respiratorie, intestinali, urinarie, uretrali e vaginali), superando di molte volte il numero delle cellule dello stesso organismo che li ospita!I microbi invece rappresentano lo strumento di cui la Natura, in particolari condizioni favorevoli, si serve per suscitare la malattia e poter quindi salire la scala verso i gradini più alti, essi non sono la malattia ma rappresentano “un’occasione di malattia”. Essi vengono attivati dal nostro Sistema Immunitario grazie alla produzione di anticorpi specifici, i quali così innescano il processo patologico in grado di farci progredire nella scala della salute. Per questo qualunque terapia diretta contro i microbi (antibiotici, antivirali, antimicotici, antiparassiti) interrompendo inevitabilmente il processo infettivo, in quel momento necessario per il raggiungimento di un migliore stato di salute, crea un ulteriore squilibrio nell’organismo, facendo sì che la patologia vada sempre più in profondità. Così facendo, invece di salire, si scende inesorabilmente verso i gradini inferiori della scala della salute e, come abbiamo visto, man mano che si scende nella scala, i gradini inferiori diventano sempre più alti rispetto a quelli superiori. Ciò significa che, per poter risalire, la Forza Vitale sarà costretta a sviluppare patologie via via più gravi rispetto alle precedenti. In questo modo le patologie, da acute e di breve durata, diventano ricorrenti, con sintomi sempre più forti e di lunga durata. Le continue soppressioni, sia mediche che chirurgiche, conducono inevitabilmente allo sviluppo delle patologie croniche, come estremo tentativo di guarigione da parte della Forza Vitale. Quali sono i fattori che provocano la continua discesa nella scala della salute?Quelli che di fatto rappresentano le vere cause delle malattie, perché con la loro azione di discesa suscitano inevitabilmente l’alterazione e quindi la reazione della Forza Vitale che cerca di farci risalire attraverso lo sviluppo delle malattie. Le vere cause delle malattie non sono le malattie, ma le condizioni che precedono e predispongono allo sviluppo delle malattie, come reazione di guarigione da parte della Forza Vitale. Qualunque malattia viene considerata come la manifestazione esterna, superficiale, organica, di una realtà interna, profonda, non visibile direttamente, immateriale, che ne rappresenta l’origine, la causa prima. Impregnazione del connettivo o matrice extracellulare-detossinazione

 

 

Detossificazione è quel meccanismo attraverso il quale il corpo elimina tossine cioè le porta fuori attraverso gli organi emuntori. Quindi ogni fenomeno di eliminazione porterà con sé un sintomo che non bisogna assolutamente fermare, è l’inizio della guarigione. Mi spiego meglio. Tutte le cellule del nostro corpo sono immerse in un liquido chiamato tessuto connettivo. E’ un tipo di tessuto che provvede al collegamento, al sostegno, al nutrimento dei tessuti e dei vari organi quindi fra cellule, muscoli, ossa, pelle ecc..Questo tessuto connettivo lasso è omogeneo e liquido di 16-18 litri, presente ovunque nel nostro corpo. Attraverso esso avvengono:

-il passaggio dei nutrienti

-l’eliminazione delle scorie metaboliche

-la trasmissione degli impulsi nervosi

-il passaggio degli ormoni.

Le più importanti funzioni avvengono grazie a questo tessuto.Se questo si sporca, intossicandosi non possono che nascere problemi per l’organismo, quindi c’è la necessità di mantenere il più pulito possibile questo liquido. Una persona in buona salute dovrebbe riuscire a depurarsi adeguatamente.

Gli organi emuntori sono quelli deputati all’eliminazione dei materiali di rifiuto e sono

-reni e vie urinarie

-fegato e vie biliari

-intestino-polmoni

-pelle

Quand’è che arrivano i problemi ?

Quando il carico delle tossine supera la capacità di questi organi di eliminarle producendo accumulo.

Questo succede quando s’introduce più cibo del necessario, quando si segue uno stile di vita sregolato, quando c’è stress, quando non ci si muove abbastanza, è a questo punto che gli organi emuntori vengono sovraccaricati di tossine, detriti acidi che provengono dal catabolismo cellulare (la cellula nasce cresce si nutre respira ed elimina scorie) e radicali liberi. Questi si accumulano sotto forma di sostanze gelatinose oppure cristalli o colle che si sommano a quelle che noi introduciamo dall’esterno (esogene).Le sostanze gelatinose sono le colle, insolubili nei liquidi e sono viscose come muco e catarro e si eliminano attraverso il fegato, l’intestino, le ghiandole sebacee e feci. Quando questi organi non ce la fanno a smaltire da soli tutte queste tossine, le vie respiratorie fungono da mezzo di supporto per l’eliminazione, attraverso per es.. un bel raffreddore o tosse catarrale. Sapendo questo chi di voi se la sente di fermare questo vitale processo?

Ebbene la nostra medicina ufficiale fa proprio questo, proponendo i farmaci. Le patologie correlate la medicina le ha messe sotto questi nomi: bronchite, asma, sinusite, acne, seborrea, eczemi grassi, ecc ecc.., ma la genesi, la causa è sempre uguale per tutte. Un eccesso della formazione di queste colle o gel può dipendere per es.. da. un eccesso di cereali raffinati (pane pasta dolci pizza) di zuccheri e grassi. I cristalli invece sono depositi solubili nei liquidi e vengono drenati attraverso i reni (urina) e le ghiandole sudoripare (sudore). L’accumulo dei cristalli deriva dalle proteine (carne pesce formaggi uova latte e latticini). I detriti invece provengono da:

-alimenti acidi cioè che lasciano un residuo secco, ricco di fosforo e cloro quindi catabolismo delle proteine animali,carboidrati raffinati,grassi saturi..farmaci

-ormoni

-scorie della vita cellulare

-sovraffaticamento fisico, nei muscoli vengono prodotti dei metabolici acidi quali:     acido lattico, piruvico anidride carbonica.

-stress con produzione di cortisolo ormone altamente immunodepressivo.

Il tessuto connettivo passa da una condizione di gel (pieno di tossine) ad una di sol (cioè più liquido e più pulito) durante la notte, questo avviene di notte.

In caso d’incapacità dell’organismo di eliminare completamente i residui acidi, si và incontro a situazioni acute o croniche di acidosi tissutali.

Tutti gli acidi sono irritanti e aggressivi, richiedono all’organismo grandi quantità di ossigeno e Sali minerali che vengono presi dai tessuti e dalle ossa, così questi andranno in carenza.

Ecco perché ci sono i dolori le infiammazioni perché le ossa e i tessuti cedendo i Sali minerali per una giusta causa diventano più fragili e più deboli. L’acidità tissutale comporta:

-dilatazione delle pupille

-perdita degli enzimi digestivi

-digestione irregolare

-diminuzione della lacrimazione

-diminuzione della peristalsi

-aumento della stipsi

-aumento della frequenza cardiaca

-tendenza all’iperglicemia

-tendenza a carie, paradentosi,osteoporosi

-tendenza ai crampi

-tendenze alle emicranie

-ipercolesterolemia.

Da qui alcune patologie:-esofagite peptica-gastrite acida-ulcere gastriche e duodenali-disfunzioni epato biliare con flatulenza-sensazione di pienezza e di gonfiore dopo il pasto-costipazione-malattie reumatiche, gotta-disfunsione renale-eczemi secchi-asma cardiaca.

Da questo si comprende l’importanza della detossificazione, spesso questo percorso verso il miglioramento della salute è causa di sintomi spiacevoli, le tossine quando lasciano il nostro corpo non lo fanno senza arrecare disturbi che però non durano molto e sono detti effetti simpatici, come il mal di testa o bruciore di stomaco o nausee, diarrea vomito, dolori muscolari, orticaria cattivo umore, stanchezza, si avrà l’accortezza di fare tutto in modo graduale affinché il movimento tossinico non dia molto fastidio, come ho detto prima il sintomo è un eliminazione quindi la strada verso la guarigione. I fenomeni simpatici si verificano ogni qual volta si tenta un regime dimagrante…avrete notato di come si diventa più nervosi e altri sintomi il motivo è sempre lo stesso s’inizia una sorta di disintossicazione con l’eliminazione delle tossine nella cellula adiposa.

Alcune regole per qualche giorno di detox:

-limitare il consumo di sale

-evitare oli idrogenati con additivi antiossidanti

-eliminare lo zucchero bianco raffinato

-eliminare dolci, cioccolato, gelati e caramelle

-non fumare

-evitare alcolici, te nero e caffè

-consumare poco latte e latticini meglio se eliminarli del tutto

-bere almeno 1.5-2 litri d’acqua al giorno-aumentare il consumo di frutta e verdura e cereali integrali

-consumare possibilmente prodotti di cui si conosce la provenienza e se possibile del luogo e di stagione

-evitare cibi in scatola

 -evitare alimenti troppo cotti e preferire i crudi massimo a vapore

-eliminare il consumo di carne e pesce e tutte le fonti animali-masticare molto bene il cibo accuratamente e a lungo-fare movimento all’aria aperta preferibilmente di mattina

 

 

IL CASO DELLA VITAMINA B12

Dr. Gina Shaw


Il discorso della Vitamina B12 non è nuovo alla maggior parte dei vegani, dei vegetariani e dei crudisti –vegan. Le compagnie che vendono integratori hanno molte persone che vanno in erboristeria/parafarmacia a comprare queste droghe e fanno moltissimi sforzi per non ritrovarsi
carenti di questa vitamina, ma conviene? In questo articolo verranno posti molti interrogativi e cercherò di estrapolarne delle informazioni utili che provengano da fonti autorevoli e non consumistiche. La carenza di vitamina b12 è un problema serio, ma non si tratta solamente di una carenza di B12 perché le carenze di vitamine e minerale non capitano mai in casi separati. Gli indicatori di una carenza di vitamina b12, quando raggiungono un livello in cui si manifestano, possono essere molto gravi. Affaticamento, pallore, anoressia, confusione mentale, paranoia, perdita di peso etc sono alcuni sintomi di carenza di B12.
Negli ultimi anni, le raccomandazioni ufficiali del Regno Unito hanno diminuito i fabbisogni del corpo, perchè erano stati precedentemente esagerate. Per questo motivo , il Dipartimento della Salute riconobbe che alcune persone avevano un fabbisogno di B12 inferiore alla media. Un fabbisogno di B12 a vita ammonta a 40 milligrammi di cristalli rossi, circa un-settimo della misura di una tavoletta media di aspirina. Prendere dosi più elevate di questa vitamina per via orale non ha senso perchè 3ug è il massimo che può essere assorbito per ciascuna volta. La vitamina B12 viene esecreta dalla bile e poi riassorbita. Questo fenomeno è conosciuto con il nome di circolazione enteropatica. La quantità di B12 esecreta nella bile può variare da 1 a 10 ug (microgrammi) al giorno. Le persone che seguono una dieta con valori bassi di b12, inclusi vegani e vegetariani, possono ottenere più B12 dal suo riassorbimento che dalle fonti alimentari. Il riassorbimento è il motivo per cui ci possono volere anche 20 anni affinché la carenza sviluppi la malattia. Analogamente, se la carenza di B12 è dovuta a causa di una mancanza nell’assorbimento, bastano tre anni perché si manifestino i sintomi della malattia. Siccome la vitamina b12 in un corpo sano viene riciclata, per principio, la sintesi interna della b12 può soddisfare i nostri bisogni senza che questa venga aggiunta nella dieta, ma se nella nostra dieta manca il cobalto, il problema non è più che altro una mancanza di B12 nella flora intestinale, ma una mancanza di cobalto (che ha bisogno di altri fattori per venir assorbito).
Tra le tante controversie sulla vitamina b12, ce n’è una che dice che sebbene il fattore intrinseco venga prodotto nello stomaco e che gli intestini producono vitamina B12, il batterio viene prodotto troppo in basso negli intestini e non può essere assorbito dai nostri corpi. Questo opinione, purtroppo circola ancora, e secondo il Dr Vetrano, è stato smentito da una ricerca 20 anni fa e altro non è che una teoria scientifica obsoleta. La versione del 1999 di “Anatomia e Fisiologia Umana” di Marieb dice chiaramente che assorbiamo vitamina b12 attraverso gli intestini. Molte persone dicono che i cibi contenenti vitamina B12 sono quelli che derivano da fonti animali. Anche questo non è vero. Nessun cibo può naturalmente contenere B12 – che sia animale o vegetale. La vitamina B12 è un microbo – un batterio – viene prodotto da microrganismi. La vitamina B12 è l’unica vitamina che contiene un elemento traccia – il cobalto – che dà a questa vitamina il suo nome chimico – cobalamina – il centro della sua struttura molecolare. Gli uomini e tutti i vertebrati hanno bisogno del cobalto, sebbene sia possibile assimilarlo solamente sottoforma di vitamina B12. La sintesi della B12 avviene naturalmente nel piccolo intestino umano (nell’ileo), che è il primo luogo di assorbimento della B12. Fino a che
i batteri degli intestini hanno il cobalto ed altri nutrienti, producono B12. Secondo il Dr Michael Klaper, la vitamina B12 è presente nella bocca e negli intestini. La B12, per venir assimilata in modo corretto, deve essere combinata con una mucoproteina enzima chiamato Fattore Intrinseco, che è normalmente presente nelle secrezioni gastriche. Se il fattore intrinseco è danneggiato o assente, la sintesi della B12 non avrà luogo, non importa quanta ne sia presente nella dieta. La carenza di B12 può esser causata da antibiotici (contenuti nel latte), alcohol, dal fumo e dallo stress (l’alcohol danneggia il fegato, dunque coloro che bevono alcolici hanno bisogno di maggiore quantità di B12, il fumo (e tutti i cibi cotti ad alte temperature) aumenta il fabbisogno di B12). Molto tempo fa vennero condotte tante analisi nutrizionali sulle derrate alimentari e per questo, non si è tenuto conto delle innovazioni della tecnologia nelle procedure scientifiche. Per esempio i lamponi della Tesco dicono che 100 grammi di questi lamponi contengono il 30% della dose giornaliera raccomandata di b12. Questo non può essere un caso isolato di pianta che contiene b12! E’ solamente una pianta come tante altre che contiene questa vitamina. Secondo il Dr Vetrano, molti libri sulla nutrizione negli Stati Uniti dicono che la b12 c’è in
tutto i cibi che contengono quantità del complesso della vitamina B, ma che prima non si era in grado di stabilirne la quantità. Ai giorni nostri, tecnologie più moderne, hanno permesso di scoprire che la B12 è presente in quei cibi ricchi di complesso vitaminico B.Non crediamo che la carenza di vitamina b12 sia più diffusa tra i vegani ed i vegetariani – questa è molto probabilmente un’altra bugia di mercato! Infatti, molti studi che tentavano di dimostrare che i vegani erano carenti – devono essere studiati attentamente perchè la maggior parte di essi non prova un bel nulla! Contrariamente alla propaganda delle industrie della carne e dei latticini, coloro che mangiano carne hanno più carenza di vitamina B12 – e questo è noto già dal 1959!! (1) Detto questo, dobbiamo tenere a mente che molti vegetariani e vegani assumono antibiotici o consumano cibi contenenti antibiotici come per esempio cipolle, aglio, ravanelli ed altri cibi ricchi di olio di mostarda, che sono letali alla flora intestinale. Il problema è che una volta che abbiamo danneggiato la nostra flora intestinale, è difficile ristabilirla senza la giusta dieta. E’ molto più importante ripristinare la flora batterica piuttosto che fare affidamento agli integratori. Le persone che hanno un problema fisico perché pensano di non prendere vitamina B12 a sufficienza, spesso non stanno assimilando il cibo nella giusta maniera a causa di una cattiva digestione. Quando questa viene invece rafforzata, la B12 allora può venir utilizzata e prodotta di nuovo. Secondo Marieb nel suo “Fisiologia e Anatomia Umana”, la vitamina B12 può essere distrutta da condizioni altamente alkaline o altamente acide. Questo ci fa capire che la B12 nella carne sarà facilmente distrutta perché l’acido idroclorico nei nostri stomaci durante la digestione
della carne è altamente acido. Questo spiega perché i mangiatori di carne hanno carenze di B12 come i vegani – sebbene la loro dieta contenga B12. Inoltre, per i mangiatori di carne, c’è pure il discorso antibiotici! Molti consumatori di carne distruggono la loro flora batterica intestinale a causa della putrefazione costante ed i batteri della putrefazione naturalmente presenti nella carne affaticheranno ancor di più il corpo. Livelli bassi di siero B12 non significano necessariamente una carenza di B12. Solo perché c’è un livello basso di B12 nel sangue, non significa che c’è una carenza nel corpo in generale, potrebbe benissimo essere infatti utilizzata dalle cellule (come quelle del sistema nervoso centrale). Ad ogni modo, una persona che prende integratori può avere la B12 che scorre nel sangue ma ciò non significa che il corpo umano la possa usare, perché le vitamine sintetiche, inorganiche, non possono esserlo. I benefici illusori degli integratori fanno sì che il suo metabolismo acceleri al fine di espellere queste sostanze pericolose il più velocemente possibile. Questo porta ad una stimolazione del corpo e all’illusione di un miglioramento di salute. La verità è che esiste un delicato equilibrio tra le secrezioni ormonali, vitamine, enzimi, minerali etc.. Gli scienziati ne sanno veramente poco a riguardo.
Queste sostanze non lavorano da sole, richiedono invece altre sostanze per funzionare, come per esempio i grassi etc. Sappiamo molto poco della vita in una cellula. L’uso degli integratori può disturbare questo equilibrio delicato e diminuire l’efficienza delle funzioni del corpo. La salute è minore rispetto al disequilibrio a cui va incontro. Commercialmente, le tavolette di B12 sono composte di batteri ed i batteri sono molto fermentati. Un corpo sano espelle naturalmente le sostanze fermentate. Il problema maggiore con gli integratori è che essi: 1) Non contengono centinaia di altri nutrienti di cui abbiamo bisogno per stare in salute che il cibo crudo fornisce, e 2) contengono sostanze artificiali/ contaminanti che fanno male alla salute. Le vitamine ed i minerali sintetici sono inorganici e dunque non possono venir usati dal corpo umano. Nella produzioni di “integratori alimentari”, vengono usate sostanze chimicamente pure. Se gli scienziati usassero dei derivati naturali, queste pillole sarebbero troppo grandi da ingoiare. Inoltre, viene aggiunto un “carrier” chimico per rendere questi prodotti accettabili al palato del consumatore. Tali carriers chimici, come tutte le altre sostanze chimiche, sono tossiche per l’organismo. Causano la stimolazione del corpo e una cura illusoria. Secondo il Dr John Potter PhD, del Fred Hutchinson Cancer Center, Seattle, “La magia del cibo si basa su migliaia di interazioni complesse di dozzine di diversi fitochimica che sono molto difficili da ricreare nelle pillole. Mentre 190 studi provano i benefici di frutta e verdura, gli integratori ne hanno mostrato solo una minima evidenza. Le vitamine, i minerali, gli ormoni etc non lavorano da soli, lavorano in simbiosi. Per svolgere i propri compiti lavorano insieme ad altri nutrienti. Quando queste sostanze altamente complesse vengono disturbate, la loro efficacia viene ridotta. Comunque, troppi nutrienti succhiano via l’energia vitale perché l’organismo umano (e non umano) deve espellerne gli eccessi. E’ in dubbio se, chi ha una carenza di B12 abbia in realtà solo quella. Una dieta più sana, condizioni migliori di vita ed un digiuno potrebbero giovare molto.
Secondo il Dr Douglas Graham, nel suo libro “Nutrizione e Performance Atletica” gli integratori si sono rivelati un metodo incompleto ed inadeguato di fornire nutrienti perché gli scienziati non possono avvicinarsi agli equilibri della natura. Egli afferma che siccome il novanta per cento di tutti i nutrienti non è stato ancora scoperto, perché dovremmo cominciare ad aggiungere nutrienti nella nostra dieta uno alla volta quando possiamo mangiare cibi completi? La maggior parte dei nutrienti interagiscono simbionticamente con almeno altri otto nutrienti e considerato ciò, le probabilità di fornire a ciascun nutriente il pacchetto necessario diventano "infinitamente scarse". Inoltre aggiunge, “non si è mai riusciti a mantenere vivo e neppure in salute un umano ed un animale con una dieta rigidamente composta di integratori nutrizionali.
Dan Reeter, sta creando, nei laboratory Bio-Systems in Colorado, uno dei più sofisticati computer per testare il suolo biologico. Dice che, secondo i suoi tests, le piante cresciute in un suolo biologico producono livelli più alti di vitamina B12 disponibile. E’ stato studiato pure che la vitamina B12 è presente nei frutti selvatici e nelle piante edibili addomesticate. I prodotti animali ed i latticini producono una fonte povera di vitamina B12 perché essa è contenuta in un cibo privato dai nutrienti che distruggeranno inevitabilmente la biodisponibilità della vitamina. Gli studi mostrano che coloro che seguono un’alimentazione classica basata su prodotti animali richiedeno dosi maggiori di vitamina B12 rispetto a quelli che mangiano altro. Ciò accade perché la dieta classica porta verso un’atropia digestiva. Proprio perché la B12 è legata peptidicamente nei prodotti animali e deve essere enzimaticamente scissa dal legame peptidico per venir assorbita, un acido gastrico indebolito e delle secrezioni enzimatiche gastriche (dovute ad una dieta a base di cibo cotto), rendono inabile la capacità di estrazione della vitamina B12 dal cibo esterno. Per questo, i crudisti-vegan che hanno una digestione più forte, ottengono più B12 dal riassorbimento della bile rispetto al cibo esterno. Wolfe dice che i microbi del suolo naturale ed i batteri che si trovano sulle piante selvatiche e sulle piante non lavate di un giardino sono una fonte adeguata per i nostri bisogni di B12. I microbi naturali nel suolo devono duplicarsi per colonizzare il nostro tratto digerente, senza fermentazione o putrefazione alcuna.

Un altro punto che vale la pena di prendere in considerazione, è che la Dose Giornaliera Raccomandata (RDA) si basa su una persona media che mangia cibo cotto (onnivoro, vegano, vegetariano) che fuma e beve. Gli interessi commerciali hanno ampiamente esagerato i bisogni di questa vitamina. Questi studi non ci dicono nulla su un vegetariano che conduce uno stile di vita sano. E’ difficile determinare i bisogni individuali di qualsiasi vitamina o nutriente, ed un sovradosaggio di questi crea un fardello inutile per il nostro organismo. Fattori quali stress, velocità del metabolismo, possono essere determinanti per capire i nostri bisogni. Il Dr Victor Herbert disse nell’American Journal of Clinical Nutrition (1998, Volume 48) che, al giorno, sono sufficienti solamente 0.00000035 once (1 microgrammo) di vitamina B12.
Questi requisiti minimi possono essere inadeguati per spiegare i bisogni di un crudista vegan che conduce uno stile di vita salutare, per esempio, che richiede meno B12 grazie ad una abilità gastrica superiore nel riciclare vitamina B12. (La cottura distrugge i microbi ed una dieta vegan composta maggiormente da cibi cotti potrebbe non fornire all’intestino una buona flora). I livelli di assorbimento di B12 sono più alti negli individui sani rispetto agli altri. Alcuni studi, basati sugli Indiani vegetariani che conducevano uno stile di vita sano, mostrarono che nessuno di loro aveva sintomi da carenza di B12 anche se i loro valori erano di 3-5 microgrammi. Il Dr Gabriel Cousens dice che la carenza di vitamina B12 è causata generalmente da una mancanza di assorbimento nel tratto intestinale piuttosto che da una mancanza di questa vitamina nella dieta. Annie ed il Dr David Jubb affermano che le persone hanno vissuto in ambienti molto sterili, asettici per così tanto tempo che questi organismi simbiotici sono stati sempre meno presenti nella nostra dieta. Continuano dicendo che ingerendo organismi nati dal suolo si possa mantenere un’enorme riserva di innumerevoli anticorpi pronti a trasformare patogeni specifici, nel modo in cui natura aveva previsto – mangiando un po’ di sporco! Se una persona sta bene ed adotta una dieta crudista-vegan salutare con un’alta percentuale di cibi crudi, non si abbuffa regolarmente, non
combina in maniera errata i cibi, non abusa del proprio corpo e digiuna ogni tanto, è raro che svilupperà una sintomatologia da carenza di B12 a patto che la sua flora intestinale non sia stata impoverita precedentemente. La carenza di vitamina B12 è solitamente un sintomo di un problema più grande, ad esempio una flora intestinale povera, mal assorbimento e mancanza di luce solare. Harvei Diamond dice che la questione sui nutrienti è diventata talmente confusa con tutte le sue informazioni contraddittorie che non c’è da meravigliarsi se le persone non sanno più dove ottenerli a sufficienza. Sfortunatamente, alcune persone sono state talmente sviate ed impaurite che nessuna dose di buon senso può salvarli dalle multinazionali della carne, dei latticini e del petrolchimico (integratori di cibo sintetico). La verità è che tutti i nutrienti di cui il corpo ha bisogno sono contenuti nel cibo naturale della sua specie (per gli esseri umani, cibo crudo vegetale). Madre Natura sa come provvedere alle sue creature. Perché dovremmo esser stati creati come mangiatori di vegetali se poi non c’è B12 disponibile che ci viene dalle piante? Se non possiamo averla dalla frutta fresca, dalle verdure, dalle noci, dai semi e dai germogli, allora vuol dire che NON NE ABBIAMO BISOGNO! Se un frutto selvatico o un cibo biologico ne contiene piccole quantità, non significa che ne sia carente. Significa invece che ne abbiamo bisogno di una piccola quantità! Questi venditori di pastiglie fanno presto a dire che il nostro terreno è carente, ma secondo Diamond ed altri, se un seme non riceve gli elementi di cui ha bisogno NON CRESCERA’ (O CRESCERA’ POVERAMENTE.) Inoltre, le piante ottengono i nutrienti da altre fonti in grandi quantità: il sole, l’acqua e l’aria. Le piante ottengono solamente l’1% dei nutrienti dal suolo. Se si sviluppa una carenza di B12, devono esser adottati dei cambiamenti nella dieta, uno di questi è il digiuno. Cambiando la dieta in una più salutare, che sia vegetariana, vegan o crudista-vegan, dobbiamo tornare alla natura quanto più possibile e fare attenzione ai germofobici che ci mettono in guardia circa il disinfettare troppo la nostra frutta e verdura. Facciamo attenzione a cosa compriamo oppure mangiamo del nostro orto e non stiamo a perdere troppo tempo a lavare il cibo!


1. 'Fit for Life', Diamond, H. and M., 1987
2. 'The Life Science Institute Course in Natural Health' - 1986
3. 'Nutrition and Athletic Performance', Dr D. Graham, 1999
4. 'Female Balance' article 2001 -K Perrero www.living-foods.com
5. Human Anatomy and Phyisology - Marieb - 1999
6. Correspondence with Dr Vetrano and family 2001
7. 'The Sunfood Diet Success Story' by David Wolfe
8. B12 article by the Vegan Society
9 .
B12 article by the Vegetarian Society
10. 1990 'Solstice Magazine' article

 

IL SALE: ELENCO DEI DANNI

 

  1. Il sale è un potente irritante. Prova a metterne un granello su una ferita e ti renderai conto di quanto caustico esso sia. Apri gli occhi nell’acqua di mare e vedrai quanto ti brucia.
  2. Il sale sovraccarica di sodio il nostro sistema. E’ calcolato che la persona media normale si avveleni con quantità di sodio 10 volte superiore alla norma.
  3. Il sale sballa e rovina i delicati equilibri ormonali tra ipofisi, tiroide, adrenali e reni.
  4. Il sale è causa prima di ritenzione idrica. Fa gonfiare gli occhi, l’addome e le caviglie.
  5. Il sale è causa di alta pressione e rende la gente vulnerabile a infarti e ictus.
  6. Il sale irrita e indurisce le delicate membrane del corpo umano.
  7. Il sale sovverte il perfetto equilibrio sodio-potassio che si crea magnificamente nel corpo quando uno mangia in armonia con la natura, cioè cibi vivi, cibi crudi, cibi pacifici, cibi organicati-vitaminizzati-mineralizzati, cibi carichi della loro acqua biologica ricevuta dalle radici ed elettrizzata dal sole mediante fotosintesi. Siccome non aggiungiamo potassio ai nostri cibi, non si capisce come e perché dovremmo aggiungervi del sodio.
  8. Il sale è causa specifica di insufficienza renale e di dialisi, ma anche di uno specifico cancro allo stomaco, chiamato adenocarcinoma anaplastico.
  9. Il sale perverte il senso del gusto, e fa sembrare insipidi i cibi naturali anche quando non lo sono.

 

 

IL CAFFE': PERCHE' SMETTERE

 Di Valdo Vaccaro 

 

Ci spiace per la Splendid, per la Illy, per la Segafredo, per Hag e Lavazza, per la Redbull e per tutte le cole del mondo, cariche all’inverosimile di caffeina, ma la bocciatura è generalizzata.  

Dieci motivi per evitare il caffè

  1. Il caffè è una droga caustica che causa assuefazione e forti crisi di astinenza. Anche chi prende un solo caffè al giorno trova oltremodo difficile liberarsi da tale schiavitù. Il caffè può essere considerato una versione legale della cocaina.
  2. Il caffè è teratogeno, per cui causa difetti genetici alla futura prole. Molti esperimenti dimostrano che è troppo spesso causa di malformazioni e difetti agli arti dei neonati.
  3. Il caffè è mutageno. Una tazzina contiene 250 mg di acido clorenico, di actractylasides (estremamente tossico) e di glutathione transferase inducers (cafestol palmitates). 
  4. Il caffè è cancerogeno per il suo materiale combusto e per il contenuto in methilglyoxal (mutagenic pyrolisis product), ed è associato a tumori alle ovaie, alla vescica, al pancreas, allo stomaco e all’intestino.
  5. Il caffè contiene caffeina, uno tra i 20 veleni più pericolosi del pianeta, un alcaloide tossico che irrita il sistema nervoso, sbilancia il sistema simpatico e causa aritmie cardiache.
  6. Il caffè è torrefatto ed amaro. Corrompe l’alito, ingiallisce i denti, irrita lo stomaco e danneggia pesantemente il fegato. Come se non bastasse, ha effetti distruttivi sul sistema renale. Una tazza di caffè ci mette 21 ore per passare attraverso i reni e il sistema urinario. Bastano 8 tazzine al giorno per fare di una persona sana un cliente probabile alla dialisi e al trapianto.
  7. Il caffè è carico di acido ossalico che vincola e sequestra il calcio, e causa calcoli ai reni e in altre parti del corpo.
  8. Il caffè è carico di acido urico. Acidifica il corpo e causa osteoporosi. Sovverte la digestione e il sonno. E’ causa di emicrania, di fiacchezza e di depressione nelle inevitabili fasi di carenza.
  9. Il caffè produce una restrizione dei vasi sanguigni, alta pressione, irregolare circolazione coronarica, insufficienza renale, ulcere gastriche, ronzio alle orecchie, tremito muscolare, irrequietezza, sonni agitati, diabete nei neonati, irritazioni gastrointestinali, sconvolgimenti nel glucosio del sangue (spinge il pancreas a secernere più insulina).
  10. Il caffè, sia a pasto che dopo pasto, fa da innaturale acceleratore digestivo in quanto obbliga il cibo a lasciare lo stomaco, ed anche l’intestino, troppo rapidamente, causando malassorbimento degli alimenti e rallentamento della peristalsi intestinale. Il latte nel caffè è un ulteriore errore alimentare, col tannino del caffè che va in fermentazione e causa irritazioni intestinali.

 

 

 

LA SCONVOLGENTE VERITA’ SULLA RAFFINAZIONE DELLA FARINA BIANCA

 

Per farina bianca raffinata intendo la farina che abitualmente è presente sulle nostre tavole sottoforma di pane, pasta e dolci.

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Questo tipo di prodotto industriale che non ha quasi più niente di naturale è stato privato di 2 parti fondamentali del seme del grano: La crusca all’esterno ed il germe all’interno (l’embrione).

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Una dieta basata principalmente su questo prodotto è la causa principale di malnutrizione, costipazione, stanchezza e numerose malattie croniche. 

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Se ci pensi bene si tratta di un prodotto abbastanza recente, il pane comune infatti fino a poco tempo fa esisteva esclusivamente in forma integrale.

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Solo negli ultimi 50 – 60 anni è stato introdotto il pane bianco, simbolo di un progresso economico e tecnologico che non ha tenuto conto della salute degli esseri umani. 

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 Un grano troppo impoverito

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Negli anni ’50 inoltre il frumento è stato vittima di profonde trasformazioni genetiche da parte dei più grandi agronomi italiani. La ricerca genetica, di un frumento che garantisse grosse produzioni e resistentissimo agli eventi esterni, ha creato un grano troppo impoverito, quasi completamente privo di sostanze nutritive.

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Farine arricchite

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Addirittura sono nate delle farine arricchite proprio per soccorrere alla mancanza di questi nutrienti. Quindi le grosse industrie di raffinazione del grano aggiungono 4-5 vitamine e minerali inorganici, pensando così di compensare le 15-20 o più sostanze che si trovano nella crusca e nel germe. (senza considerare le fibre…)

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Ma vediamo su cosa influisce il consumo eccessivo di farina bianca:

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Più prodotti raffinati una persona mangia più insulina deve essere prodotta dall’organismo.

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L’insulina favorisce il deposito di grasso, il passaggio ad un rapido aumento di peso e di trigliceridi elevati, che può portare a malattie cardiache. Nel tempo, il pancreas diventa così carico di lavoro che la produzione di insulina si blocca, e ipoglicemia (poco zucchero nel sangue) o diabete vengono a galla.

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Non è un caso che il diabete sia una delle malattie più diffusenegli ultimi decenni. Ci sono bambini che nascono già diabetici negli Usa a causa degli errori alimentari dei loro genitori e in Italia la percentuale di celiachia e intolleranza al glutine(presente nel frumento) cresce ogni anno del 10 %.

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Inoltre la farina di grano raffinata è il combustibile che alimenta le infezioni e gli alti livelli di zucchero nel sangue creando un terreno fertile per batteri dannosi ed un conseguente indebolimento del sistema immunitario.

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Ma non è tutto qui, purtroppo la situazione è anche peggio.

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Perché il colore del pane bianco è così bianco,

quando la farina di grano da cui è stato prelevato non lo è?

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Il motivo è semplice: la farina usata per fare il pane bianco è sbiancata chimicamente, proprio come quando usi la candeggina per sbiancare i tuoi vestiti.

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Così, quando mangi il pane bianco, mangi anche i residui chimici degli sbiancanti.

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I mulini industriali usano prodotti chimici differenti per lo sbiancamento,  ma sono tutti abbastanza nocivi.

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Eccone alcuni: l’ossido di azoto, di cloro e nitrosyl e perossido di benzoile miscelato con sali chimici vari.

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Un agente sbiancante, l’ossido di cloro, combinato con le proteine qualunque siano, ancora rimaste nella farina, produce allossana.

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L’allossana è velenosa, ed è stata utilizzata per produrre il diabete in animali da laboratorio. L’ossido di cloro serve anche ad allungare la durata di conservazione della farina, ma non è propriamente salutare.

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Inoltre, nel processo di produzione di farina bianca, la metà degli acidi grassi insaturi, che sono ad alto valore alimentare, si perdono nel processo di fresatura , e praticamente tutta la vitamina E è perduta con la rimozione di germe di grano e crusca.

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Come risultato, il resto della farina del pane bianco che si acquista, contiene solo proteine di scarsa qualità e amido modificato.

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Ma non è tutto per quanto riguarda la perdita di sostanze nutritive.

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Circa il 50% di tutto il calcio, il 70% di fosforo, l’80% di ferro, il 98% di magnesio, il 75% di manganese, il 50% di potassio, e il 65% del rame vengono distrutti.

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Se questo non fosse abbastanza grave, circa l’80% di tiamina, il 60% di riboflavina, il 75% di niacina, il 50% di acido pantotenico, e circa il 50% di piridossina sono inoltre persi. 

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E non è ancora finita…

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Gli zuccheri semplici e i carboidrati raffinati (farina bianca, pasta, lavorati, cibi devitalizzati, etc..) richiedono poco metabolismo ed entrano nel flusso sanguigno rapidamente.

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 improvviso aumento di zuccheri

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Il pancreas, l’organo che regola la quantità di insulina che viene rilasciata nel sangue, è indaffarato dall’ improvviso aumento di zuccheri.

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Il risultato di tutto questo è una forte diminuzione della glicemia (solitamente entro un’ora), e una conseguente sensazione di letargia, confusione mentale, debolezza e senso falso di “fame!

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Tutti questi problemi portano una forte acidità

che considero una delle cause principali di ogni malattia.

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Come se non bastasse, questo fa in modo che lo zucchero causi l’aumento di peso, non solo a causa del suo innaturale contenuto calorico, ma in realtà perché altera il metabolismo!

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Che cosa significa ciò?

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Ecco cosa significa: se due gruppi di persone sono alimentate con lo stesso numero esatto di calorie, ma un gruppo prende le sue calorie dello zucchero e da prodotti raffinati, mentre l’altro gruppo consuma le calorie sotto forma di cereali integrali, frutta e verdure, il primo gruppo aumenta di peso, mentre l’altro no.

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Questa constatazione ci viene da studi pubblicati da parte del Ministero della Salute degli USA

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Farina bianca  ”arricchita”

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Come abbiamo visto quindi poche sostanze nutritive sintetiche sono aggiunte nuovamente alla farina bianca che viene poi chiamata “arricchita”.

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In realtà non c’è stato alcun reale “arricchimento” del prodotto originale, ma l’inganno e la distruzione della vita di una delle tante creazioni perfette che troviamo in natura.

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I ratti di laboratorio di solito muoiono in una settimana-dieci giorni,

quando sottoposti ad una dieta a farina bianca raffinata.

 

Commenti: 2
  • #2

    Marco (venerdì, 29 gennaio 2016 17:13)

    Salve,

    sono l'autore originale di questo articolo sulla farina bianca raffinata. Chiedo cortesemente di inserire la fonte, altrimenti dovrò segnalare a google il contenuto duplicato.

    La fonte è questa:
    http://www.rawfoods.it
    L'articolo si trova all'interno del report gratuito.

    Grazie per la collaborazione

    Marco

  • #1

    Anna Cucci (domenica, 31 agosto 2014 02:03)

    Molto interessante. Ero inconsapevole di certi effetti, nonostante studi sempre e cerchi gli aggiornamenti.
    Grazie, mi sono stati molto utili.
    Continuerò a leggervi.
    Anna

IL LETALE INGANNO DEL DIABETE

IL LETALE INGANNO DEL DIABETE 

Questo articolo vi farà arrabbiare, gli inganni non fanno piacere, soprattutto quando sono preposti a tenerci ammalati a scopo di lucro, pur essendoci la cura. In questo articolo informazioni su cosa è il diffusissimo diabete di tipo 2, quali patologie da origine, la sua storia nascosta al pubblico e soprattutto la cura che lo guarisce senza fallo con il 100% di successi e con la guarigione dalle patologie indotte da tale malattia. L’articolo è un po’ lungo, ma vale la pena di leggerlo, dopodichè diffondete questa conoscenza in quanto utilissima.

Se siete un diabetico il vostro medico non vi dirà mai che è curabile nella maggior parte dei casi, se solo nominate la parola cura probabilmente si irriterà, in quanto la sua preparazione medica contempla solo la parola trattamento, per lui la parola cura non esiste. Il diabete nella sua forma epidemica moderna è curabile da almeno 40 anni. Nel 2001 negli USA sono morti 934.550 per sintomi fuori controllo di tale malattia. Il vostro medico inoltre non vi dirà che un tempo gli infarti, sia ischemici che emorragici, i colpi apoplettici dovuti a neuropatie, gli eventi coronarici sia ischemici che emorragici, obesità, arteriosclerosi, alta pressione, alti livelli di colesterolo e trigliceridi, impotenza, la retinopatia, l’insufficienza renale ed epatica, la sindrome policistica ovarico, alti livelli sanguigni di zucchero, la candidosi sistemica, un compromesso metabolismo dei carboidrati e/o dei grassi, difficoltà di cicatrizzazione, neuropatie periferiche, nonché altrettanti disordini epidemici dei giorni nostri, un tempo venivano spesso considerati niente altro che sintomi del diabete, e curati curando il diabete di tipo 2. Se vi ammalate di diabete e vi affidate al trattamento medico tradizionale prima o poi con il peggioramento della malattia sperimenterete uno o più dei suoi sintomi. Attualmente è prassi comune fare riferimento a tali sintomatologie come fossero affezioni indipendenti e separabili, a cui corrispondono trattamenti separati e non collegati tra di loro, somministrati da specialisti in concorrenza fra di loro.

 

 

 

E’ vero che molti di questi sintomi possono derivare, come talvolta capita, da altre cause, ad ogni modo è altrettanto vero che tale aspetto è stato impiegato per giustificare inefficaci e costosi trattamenti dei sintomi in questione.

Il diabete di tipo 2 è curabile, una volta terminato di leggere il presente articolo ve ne sarete resi conto.

Attualmente l’industria del diabete rappresenta una cospicua comunità, che nel corso degli anni è riuscita a mettere a tacere in modo esemplare le voci contrastanti che cercano di evidenziare la frode che sta alla base della moderna cura della malattia che è diventata quasi una religione e che dipende fortemente dalla fede dei suoi credenti tale da rendere quasi blasfema la sola ipotesi che l’affabile medico, nella maggioranza dei casi è solo un ciarlatano e un truffatore, nella maggior parte dei casi costui non ha mai curato un solo caso di diabete in tutta la sua carriera.

L’influenza politica e finanziaria di questa comunità medica ha sovvertito la realtà delle cose e domina l’intero settore controllando virtualmente in tutto e per tutto ogni documento pubblicato sull’argomento diabete. Se mai le persone verranno a conoscenza della cura del diabete che esiste da 40 anni, l’intero settore crolla, ma è pura utopia il pensarlo. Da oltre 40 anni la ricerca medica dimostra coerentemente e con sempre maggiore chiarezza che il diabete è una malattia degenerativa provocata direttamente da forniture alimentari industriali improntate al profitto piuttosto che alla salute.

 

Breve storia del diabete

Nel 1922 i tre premi Nobel canadesi, Banting, Best e Macleod riuscirono a salvare la vita ad una giovane con una iniezione di insulina, un nuovo farmaco prodigio. Fu solo nel 1933 che in un documento pubblicato nell’America journal of medical Science, cominciarono ad emergere notizie relative ad una nuova forma di diabete che non reagiva al nuovo farmaco prodigio e ancora peggio a volte la terapia con insulina causava la morte del paziente. Questa nuova malattia divenne nota come “diabete resistente all’insulina” , in quanto presentava l’elevato tasso di zucchero tipico del diabete, ma reagiva scarsamente alla terapia insulinica. Negli USA agli inizi del 900 aveva un’incidenza pro capite pari allo 0,0028%, nel 1933 si impenno del 1.000%, sino a diventare negli anni 90 un’affezione sotto vari pseudonimi tale da rovinare la salute di oltre la metà della popolazione statunitense inabilitandone il 20%. E’ evidente che c’è qualcosa che ha provocato tale impennata della patologia.

Nel 1950 la comunità medica fece test sierologici sull’insulina. Tali test rivelarono che questa nuova malattia non era il classico diabete, ma era caratterizzata da livelli di insulina sufficienti, spesso eccessivi, il problema era che l’insulina non riduceva il tasso di zucchero nel sangue. Se le intuizioni dietetiche dei precedenti 20 anni e sino agli anni 60 fossero state prese in considerazione, il diabete sarebbe stato curabile e non semplicemente controllabile. Invece nel 1950 è iniziata la ricerca di un altro farmaco prodigioso. Questo farmaco come tutti i farmaci doveva essere brevettabile, ovvero non una medicina naturale, in quanto queste non sono brevettabili e molto remunerativo. Sarebbero state necessarie approvazioni obbligatorie da parte delle autorità sanitarie. I test richiesti per tali autorizzazioni dovevano essere straordinariamente costosi per evitare che altri farmaci non autorizzati (naturali) diventassero competitivi. Questa è l’origine del classico protocollo medico relativo al “trattamento dei sintomi”, nessuno guarisce, solo liberazione temporanea dei sintomi. Inoltre i farmaci naturali che effettivamente curavano il diabete (e altre malattie ndr), avrebbero dovuto essere tolti dalla circolazione, incarcerando i loro propugnatori in quanto ciarlatani. Spesso le sostanze naturali hanno realmente curato la malattia, e questo è il motivo per cui si è fatto e si fa tuttora ricorso alla forza della legge per estromettere dal mercato farmaci naturali, spesso superiori.

Molte malattie degenerative possono essere ricondotte ad un consistente collasso del sistema endocrino, fenomeno ben noto ai medici degli anni 30 come diabete insulino-resistente. Questo fondamentale disturbo è conosciuto come un disordine del sistema di controllo dello zucchero sanguigno determinato da grassi e oli malamente lavorati. Grassi e oli non sono tutti uguali. Alcuni sono sani e salutari, molti altri sono dannosi. Sotto il profilo della salute la distinzione non riguarda quelli saturi e quelli insaturi, come erroneamente vuole fare credere l’industria che li produce. Nell’ambito della salute la distinzione va fatta tra naturale e manipolato.

 

La natura della malattia

Il diabete viene tipicamente diagnosticato come l’incapacità dell’organismo di metabolizzare adeguatamente i carboidrati, il suo sintomo distintivo è un elevato livello di glucosio nel sangue. Il diabete di tipo 1 deriva da un’insufficiente produzione di insulina da parte del pancreas, mentre il diabete di tipo 2 da insulina inefficace. In entrambi i tipi il livello di glucosio nel sangue resta elevato. L’insulina inefficace non differisce da quella efficace, la sua inefficacia si riferisce all’incapacità della popolazione cellulare di reagire ad essa. Oggi data la maggiore conoscenza di questi processi sembrerebbe più appropriato definire il diabete di tipo 2 in quanto fondamentale incapacità dell’organismo di metabolizzare grassi e oli, incapacità che determina una perdita di efficacia dell’insulina e il conseguente mancato metabolismo dei carboidrati. Ogni cellula si trova nell’incapacità di trasportare il glucosio dal sangue al proprio interno, il glucosio quindi rimane nel sangue, oppure si accumula come grasso corporeo o glicogeno, oppure viene espulso dalle urine. Sembra che quando l’insulina si lega ad un recettore della membrana cellulare esso dia inizio ad una complessa cascata di reazioni biochimiche all’interno della cellula, ciò fa sì che trasportatori del glucosio di una certa classe, noti come molecole GLUT4, abbandonino la propria area di sosta entro la cellula e si trasferiscono nella superficie interna della membrana cellulare del plasmocita. Una volta nella membrana, questi migrano verso specifiche aree della membrana stessa denominate domini caveolari dove in virtù di un’altra serie di reazioni biochimiche, individuano e agganciano molecole di glucosio, che poi trasportano all’interno della cellula tramite un processo chiamato endocitosi. All’interno della cellula questo glucosio viene quindi consumato dai mitocondri come carburante per produrre energia destinata ad alimentare l’attività cellulare, così questi trasportatori GLUT4 abbassano il glucosio nel flusso sanguigno trasportandolo all’esterno di quest’ultimo e dentro tutte le cellule dell’organismo. Molte molecole implicate in questi percorsi mediati da glucosio sono lipidi, vale a dire acidi grassi, in particolare omega 3. Quando a causa del nostro regime alimentare questi acidi grassi cis sono costantemente assenti, acidi trans e acidi grassi saturi a catena media e breve prendono il loro posto nella membrana cellulare; tali sostituzioni rendono la membrana più rigida ed inibiscono il meccanismo di trasporto del glucosio, e come conseguenza il glucosio nel flusso sanguigno resta elevato. In altre parti dell’organismo il pancreas secerne insulina in eccesso, il fegato produce grassi dallo zucchero in eccesso, non vi è sufficiente energia cellulare per l’attività dell’organismo e l’intero sistema endocrino risulta alterato, infine si verifica un’insufficienza pancreatica, il peso corporeo cala molto e la crisi precipita.

 

Trattamento medico convenzionale

Il moderno trattamento medico ortodosso prevede la somministrazione di agenti ipoglicemici orali che rientrano in 5 classificazioni o insulina.

Biguanidi, inibitori della glucosidase, meglitinidi, sulfoniluree, tiazolidinetdioni. Alcuni stimolano la produzione di insulina, ampiamente ignorando il fatto che un elevato livello di insulina sia dannoso quasi quanto un elevato livello di glucosio, altri sono famosi per provocare il cancro al fegato.

 

Insulina

Oggi si prescrive l’insulina per entrambi i tipi di diabete tipo 1 e tipo 2. L’insulina sostituisce quella che l’organismo non produce più. Questo trattamento per quanto necessario per preservare la vita ai diabetici di tipo 1 , è tuttavia assai discutibile quando somministrato ai diabetici di tipo 2. E’ importante sottolineare che né l’insulina né alcuno di questi agenti ipoglicemici orali esercita alcuna azione terapeutica su qualsivoglia tipo di diabete. Nessuna di queste strategie è progettata per normalizzare l’assorbimento cellulare di glucosio da parte delle cellule che ne abbisognano per alimentare la propria attività. La prognosi con questo trattamento ortodosso è crescente invalidità e morte prematura, determinate da infarto o insufficienza renale, oppure dal collasso di qualche altro organo vitale.

 

Terapie mediche alternative, diabete di tipo 1.

Per tale patologia è ora disponibile una metodologia di cura alternativa, elaborata nei moderni ospedali di Madras in India, già sottoposta a rigorosi studi a doppio cieco per attestarne l’efficacia, essa verte sul ripristino della normale funzione delle cellule beta del pancreas, di modo che tale organo sia nuovamente in grado di produrre insulina così come dovrebbe. Questo approccio si è apparentemente dimostrato capace di curare il diabete di tipo 1 in oltre il 60% dei soggetti. Per le ragioni economiche esaminate questa metodologia ha scarse probabilità di fare la sua compara in occidente, in quanto curando definitivamente mina i lucrosi affari dell’industria del diabete.

 

Terapie mediche alternative, che funzionano e guariscono, il diabete di tipo 2.

Lo scopo di qualsiasi efficace programma alternativo è quello di riparare e ripristinare il meccanismo di controllo sangue-zucchero proprio dell’organismo, è il suo funzionamento compromesso che con il tempo determina direttamente tutti i numerosi sintomi debilitanti, che rendono il trattamento ortodosso così economicamente redditizio. Per quanto riguarda il diabete di tipo 2, le fasi in programma sono.

1 - Riparare il sistema di controllo sangue-zucchero compromesso.

Ciò viene realizzato semplicemente sostituendo grassi ed oli sani, salutari e puri al mix trans-isomero (olio di semi) dall’aspetto puro ma in realtà tossico, presente in allettanti contenitori colorati sugli scaffali dei supermercati. Consumare solo olio di lino, olio di pesce ed occasionalmente olio di fegato di merluzzo, sino a quando lo zucchero sanguigno non inizia a stabilizzarsi Leggere le etichette e rifiutarsi di assumere economici oli di scarsa qualità quando sono presenti negli alimenti lavorati o nei menù dei ristoranti. I diabetici presentano una carenza cronica di minerali, quindi è necessario che aggiungano alla propria dieta integratori minerali ad ampio spettro e di buona qualità.

2 -Controllare manualmente il rapporto sangue-zucchero durante il ciclo di recupero.

Sotto supervisione medica, interrompere gradualmente l’assunzione di tutti gli agenti ipoglicemici orali e di tutti i farmaci supplementari somministrati per contrastare gli effetti collaterali. Sviluppare un controllo naturale del sangue-zucchero tramite l’impiego di comprese glicemiche, il consumo di pasti leggeri e frequenti (comprendenti alimenti ricchi di fibre e molto crudo), regolare esercizio fisico dopo i pasti, la totale astensione da tutti gli zuccheri. Evitare il consumo di alcol .Registrare i valori tramite un misuratore di glucosio ad ago, annotare su un diario medico tutto quello che si fa.

3 – Ripristinare un adeguato equilibrio di grassi ed oli salutari allorquando il meccanismo di controllo sangue-zucchero funziona nuovamente.

Eliminare in modo permanente dalla dieta tutti i grassi e oli economici, tossici e di scarsa qualità, nonché gli alimenti lavorati, cotti e i piatti dei ristoranti che li contengono. Quando il meccanismo di controllo del sangue-zuccero riprende a funzionare correttamente, integrare gradualmente la dieta con ulteriori alimenti sani. Controllare gli effetti di questi ultimi monitorando i livelli di zucchero sanguigno con l’apposito attrezzo ad ago. Ricordarsi di registrare tutto.

4 – Continuare il programma sino a quando non siano ripristinati anche i valori normali dell’insulina.

Una volta che i livelli di zucchero saranno rientrati nella gamma ordinaria, il pancreas smetterà gradualmente di produrre insulina in eccesso, Questo processo richiede un periodo un po’ più lungo e lo si può testare facendo inviare dal vostro medico un campione del vostro sangue ad un laboratori di analisi per determinare l’insulina nel siero. Una buona prassi è di attendere un paio di mesi dopo che il controllo dello zucchero sanguigno si è ripristinato.

5 – Riparare separatamente i danni collaterali provocati dalla malattia.

I problemi vascolari determinati da un elevato livello cronico di glucosio generalmente si risolveranno da sé senza sforzo cosciente. Gli effetti della retinopatia e della neuropatia periferica, solitamente si riparano da sé, I danni ai reni di solito non si riparano da sé. I danni vascolari ed alle arterie determinati da anni di elevato tasso di zucchero e insulina, regrediranno lentamente grazie ad una dieta appropriata e sana, tuttavia ripulire le arterie in questo modo può richiedere molti anni. Il danno alle arterie può essere corretto molto più velocemente ricorrendo ad una terapia di chelazione intravenosa, che nell’80% dei casi si sistema in sei mesi. Ovviamente non aspettatevi che il vostro medico per ovvi motivi la approvi, in particolar modo se è uno specialista in cardiologia.

6 – Tempi di recupero.

La prognosi solitamente prevede un rapido recupero dalla malattia ed il ripristino di un normale stato di salute e di energia nell’arco di alcuni mesi, un anno o anche più. Il tempo richiesto dipende da quanto a lungo si è permesso alla malattia di svilupparsi.

Per chi interviene precocemente i tempi di recupero sono di alcuni mesi o anche meno. Per coloro che soffrono della malattia da molti anni, i tempi di recupero potrebbero estendersi ad un anno o anche più.

 

 

 

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Commenti: 3
  • #1

    rosalba (giovedì, 27 dicembre 2012 11:46)

    Salve, mi chiamo Rosalba Durso. Scrivo per avere indicazioni sulla giusta dieta da far seguire al mio compagno che ha uan prostatie in corso e due diverticoli al canale urinario. Deve ancora fare l'esame del PSA dopodicchè il chirurgo ci ha prospettatto l'intervento. Sono certa che una giusta alimentazione potrebbe sostenerlo soprattutto per i diverticoli. Ringrazio sin da ora per le indicazioni preziose che vogliate fornirci

  • #2

    saniperscelta (lunedì, 28 gennaio 2013 20:02)

    Rosalba ho bisogno di sapere altro per poter risponderti adeguatamente...mi trovi su FB oppure per mail.. Nei contatti trovi tutto!

  • #3

    Fabio (venerdì, 03 aprile 2015 18:14)

    Mi sto documentando molto su internet sull'alimentazione corretta
    ho 23 anni e faccio attività fisica

    vorrei capire se l'olio extravergine di oliva è salutare o può portare a malattie come il Diabete o il Colesterolo

    e quali oli sono da evitare

    grazie

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  • #1

    Fabio (venerdì, 03 aprile 2015 18:16)

    faccio pure yoga

LA COTTURA DISTRUGGE LE PROPRIETÀ' CURATIVE DEI CIBI

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La cottura distrugge le proprietà curative dei cibi.

 

La leucocitosi è un fenomeno dovuto all’aumento di globuli bianchi nel sangue: si verifica in modo più evidente dopo ingestione di carne, nella donna in gravidanza, nel neonato, nella persona anziana, dopo stress fisici ecc. ma diventa un fatto patologico a causa di polmoniti, appendiciti, infezioni da germi, intossicazioni ecc.

I globuli bianchi, che possono assorbire anche sostanze chimiche e tossiche, contengono numerosi enzimi che hanno lo scopo di difendere l’organismo fagocitando corpi estranei o microbi penetrati nel sangue.

Quando l’organismo è chiamato a fronteggiare un’infezione, cioè un’improvvisa invasione di microbi patogeni, mobilita rapidamente i macrociti che ingaggiano un’aspra battaglia contro gli invasori: più l’organismo è in pericolo maggiore è il ritmo di produzione per sostituire i microfagi e macrofagi che muoiono in battaglia, innescando in questo modo la leucocitosi.

Esiste una diretta correlazione tra aumento di globuli bianchi e stato di infezione di un organismo, come esiste una diretta correlazione tra ingestione di cibi cotti ed aumento dei globuli bianchi. La cottura dei cibi risulta essere la causa più rilevante all’insorgere di malattie umane.

Che il cibo cotto sia un alimento morto viene dimostrato dal fatto che un seme cotto non germina più, un uovo di gallina fecondato se cotto non darà mai un pulcino, una pianta strappata con l’apparato radicale integro se sottoposta a cottura non riattaccherà mai più.

Con la cottura le proteine subiscono un brusco decadimento del loro valore biologico, tale decadimento è particolarmente intenso in caso di bollitura; se poi la cottura avviene mediante arrostimento o tostatura le proteine si denaturano e producono sostanze tossiche da piroscissione alcune delle quali notoriamente cancerogene, come il benzopirene. Le carni alla griglia sono causa, ormai accertata, di cancro. La stessa cosa si può dire dei semi sottoposti a torrefazione (caffè, cacao, pane abbrustolito ecc.): si formano dei catrami di piroscissione nei quali sono state individuate almeno una decina di sostanze cancerogene (prof. R. Lautie, Vie et Action). La digeribilità delle proteine diminuisce con la cottura (eccetto per l’albume dell’uovo). Le sostanze proteiche a 60° iniziano a flocculare e poi coagulano del tutto divenendo inattaccabili dai succhi gastrici.

Per quanto riguarda i caroboidrati. Il dr. Alberto Donzelli (nella rivista Girasole 1984 n.31) afferma:

Tutte le parti imbrunite cotte al forno contengono sostanze mutageni.

In merito alla digeribilità degli amidi cotti il corpo umano è capace di fare la stessa cosa con i propri enzimi (ptialina ecc.) senza ricorrere alla cottura. Anche gli amidi crudi sono digeribili. Il cavolo crudo richiede 2 ore per essere digerito, se cotto ne richiede 4. La cottura impedisce la digestione salivare e rende gli amidi meno digeribili.

Il calore sui grassi causa ossidazione che porta dapprima alla formazione di perossidi e di idroperossidi e poi di acidi grassi a catena corta. Inoltre la glicerina che si libera è un composto altamente tossico. L’acidolinoleico, come il linolenico, preziosi per la sintesi dei fosfolipidi, subiscono con il calore delle modifiche strutturali che li rendono inattivi. Il grasso cotto ritarda l’assorbimento di calcio, magnesio, ferro e rallenta lo sviluppo delle ossa.

Il noto igienista Dr. A. I. Mosseri dice:

Gli alimenti cotti non sono adatti all’alimentazione umana, essendo denaturati, devitaminizzati, demineralizzati.

E il prof. Byron Tyler aggiunge:

Gli alimenti cotti sono alimenti morti. Il cibo cotto è la più grande maledizione umana.

Il medico di Losanna P. Kouchakoff ha dimostrato, a conclusione di migliaia di esperimenti condotti su molti soggetti e su se stesso, che un alimento cotto provoca la moltiplicazione quasi immediata dei globuli bianchi che, come è noto, servono a difenderci da corpi estranei e dannosi, soprattutto di natura microbica, mentre l’alimento crudo non la provoca mai. Esiste, insomma, nel nostro organismo una sorta di automatismo fisiologico in virtù del quale l’alimento cotto è considerato come un aggressore. Le nostre difese leucocitarie, sollecitate diverse volte al giorno finiscono inevitabilmente coll’indebolirsi e forse in questo risiede la nostra grande vulnerabilità alle infezioni. Il nostro organismo è in grado di utilizzare anche il cibo cotto ma è costretto a trasformare un cibo morto in materia vivente con un dispendio notevole di energie vitali sottraendole all’economia delle nostre difese immunitarie.

Oscar Montanari scrisse un libro in difesa del crudismodal titolo “Gli alimenti cotti indeboliscono, ammalano, uccidono il corpo umano”. Il dr. Giuseppe Panegrossi, noto clinico all’università La Sapienza di Roma, scrisse anche lui un libro in difesa del crudismo “Il crudismo nei confronti della scienza e della civiltà”.

L’ingegnere francese Andrè Simoneton gravemente ammalato e senza speranza di guarigione, riacquistò la salute con il vegetarismo e si dette a studiare la causa del potere guaritore delle piante. Scoprì che le radiazioni emesse da un organismo sano si aggirano intorno a 6500 Angstrom mentre in condizioni di malattia o di cattiva alimentazione scendono sempre ad di sotto di tale livello. Simoneton divise gli alimenti in tre categorie:

1) alimenti morti (cibi cotti o conservati, margarina, pasticceria industriale, alcol, liquori, zucchero bianco e grezzo): questi prodotti hanno radiazioni nulle o quasi nulle;

2) alimenti inferiori (carne, salumi, uova non fresche, latte bollito , caffè, tè, cioccolato, marmellate, formaggi, pane bianco: questi hanno radiazioni inferiori a 5000 Angstrom;

3) alimenti superiori: frutta cruda e matura e verdura cruda e fresca: questi cibi hanno radiazioni molto elevate tra 8000 e 10000 Angstrom. Inoltre le radiazioni della frutta e della verdura sono più alte quanto più breve è il tempo trascorso dalla loro raccolta.

Gli alimenti che non si possono mangiare crudi non erano destinati dalla natura a nutrirci.

L’uomo ha iniziato a cuocere il cibo (carne e cereali) per estreme necessità di sopravvivenza cercando di rendere appetibile cibi inadatti alla sua natura di animale fruttariano ma, purtroppo, come affermava Lucrezio:

Il cibo cotto è stata la causa dell’indebolimento della razza umana e dell’accorciamento della vita.

Infatti l’alimentazione cruda è la base prima del benessere umano mentre il cibo cotto espone l’uomo a tutte le malattie e ai pericoli della morte precoce.

Quando gli uomini si nutrivano di cibi crudi vivevano più a lungo ed erano più forti e più resistenti alle fatiche. A tal proposito è bene ricordare  che gli atleti greci, spartani e gli eserciti di Cesare si nutrivano quasi esclusivamente di fichi, nocciole, formaggio e gran turco.

Dopo aver mangiato cibo cotto i leucociti (che influenzano la morfologia del sangue) aumentano per mezzora, dopo 90 minuti ritornano nella norma. Mediante cottura ordinaria, bollitura, si verifica un aumento dei globuli bianchi; se i cibi vengono cotti al alte temperature si sviluppa iperleucocitosi. Questo non succede con i cibi crudi: anche se si mangia carne cruda i globuli bianchi non aumentano. Ma un alimento cotto genera leucocitosi anche se assunto freddo.

Vino, aceto e zucchero producono aumento di globuli bianchi.

Esiste un limite (temperatura critica) entro cui può essere portato a cottura un alimento senza che questo sviluppo leucocitosi digestiva. Queste temperature critiche variano da 87 a 97 gradi centigradi a seconda dell’alimento che si cuoce. Si può evitare leucocitosi mangiando prodotto cotto con quello crudo, nella proporzione minima del 10% del primo e con la necessità di masticarli insieme. Mangiare prima l’uno e poi l’altro cibo non impedisce leucocitosi.

La leucocitosi è un’alterazione delle cellule e non un cambiamento dei componenti liquidi, infatti il succo estratto dagli alimenti crudi e poi cotto non determina leucocitosi. Però alcuni batteri che si sviluppano per es. nello yogurt, nel latte cagliato o nei formaggi possono influenzare la reazione leucocitaria.

Gli alimenti che causano leucocitosi digestiva subiscono con la cottura modifiche chimiche a causa della mancanza di ossigeno. Infatti agitando nell’aria per mezzora un cibo cotto riprende le sue proprietà di cibo crudo. Esempio lampante dimostra che per neutralizzare gli effetti dannosi dello zucchero occorre compensarlo con prodotti crudi.

Seccare, salare, affumicare fa perdere al cibo le proprietà nutritive.

Gli animali nutriti con carne cotta vivono meno a lungo ed hanno minori capacità di riproduzione inoltre tendono a sviluppare maggiori malattie mentre l’alimentazione cruda rende perfino più agevole il parto degli animali. Nei suoi esperimenti con le scimmie McCarrison ha dimostrato che i cibi cotti producono dissenteria: le scimmie perdono l’appetito, contraggono anemia, malattie della pelle, perdono peso corporeo e tutti gli organi vitali cominciano ad atrofizzarsi.

 

LA COTTURA…

- distrugge il corredo vitaminico, specie delle vitamine termolabili: enzimi, ormoni, antiossidanti naturali: elementi che sono alla base delle difese naturali dell’organismo;

- cambia ciò che era organico in inorganico rendendolo inutilizzabile dall’organismo; specialmente le vit. B e C solubili in acqua, si dissolvono alla prima cottura;

- causa grande perdita di minerali solubili, dal 20 al 70%;

- la cottura a vapore produce una perdita dal 22 al 43%;

- produce acido urico che danneggia lo stomaco, intestini, reni, fegato, polmoni, cuore causando artrite, reumatismi, gotta, cancro.

Le verdure bollite e l’acqua gettata perdono quasi tutti i minerali. Maggiore è l’acqua che si usa per cuocere il cibo maggiore è il quantitativo di nutrienti che va perso.

Il cavolo cotto perde il 62% delle proteine, il 72% del suo calcio, il 60 % di fosforo e il 67% di ferro. La perdita di vit. C degli ortaggi è del 45%; nei germogli di soia è del 70%.

Tutti i minerali organici si ossidano quando vengono in contatto con l’ossigeno dell’aria e tornano ad essere inorganici. Non c’è vita nella sostanza inorganica. La sostanza inorganica non è utilizzabile dall’organismo. Un cibo cotto è un cibo ossidato. Quando la carne viene bollita i fosfati organici si trasformano in inorganici.

Con il cibo cotto l’organismo non potendo trarre tutto il nutrimento necessario sente il bisogno di ingerire maggiori quantità di alimenti, con ciò che ne consegue. Se ci si nutrisse di cibi crudi ne basterebbe la metà del quantitativo che ingeriamo da cotto.

Nel latte bollito, il complesso calcio-fosfato utilizzabile per la crescita, viene mutato in una forma che è quasi impossibile assimilare.

Più a lungo vengono cotti i cibi, più alta è la temperatura, maggiore è il danno.

Le parti più cotte di un cibo (per esempio la crosta del pane) hanno meno valore nutritivo di quelle meno cotte (la mollica).

Il processo di cottura è nemico non solo degli organi digestivi ma dell’intero organismo umano.

I cibi cotti e poi conservati per il pasto successivo perdono tutte o quasi tutte le loro proprietà nutritive. I cibi essiccati (tostati inscatolati ecc.) hanno pochissimo o quasi nullo potere protettivo.

La perdita di acido folico è molto alta con la cottura dei cibi: con la cottura a vapore si perde il 10%; con quella a pressione il 20%; con la bollitura il 50%.

Il latte pastorizzato perde le sue proprietà antiscorbutiche. Allo stesso modo gli ortaggi e la frutta se essiccati, conservati o inscatolati: perdono le loro proprietà antiscorbutiche.

Meglio una forte e breve bollitura che una lunga e lenta.

Non è vero che le cose cotte sono più appetitose: sono, eventualmente, i condimenti che le rendono tali, ma le spezie e gli aromi sono spesso tossici.

Molti cibi divengono indigesti a causa del tipo di cottura o perché vengono cucinati con l’aggiunta di altri alimenti tra loro incompatibili (es. legumi e grasso).

I cibi cotti (ritenuti pre-digeriti) non sono un vantaggio in quanto impediscono la giusta attività dei succhi gastrici.

Da ricordare che tra i tanti tristi primati dell’uomo (come quello di essere il solo animale che prende il latte di un altro animale anche dopo lo svezzamento) è quello di cuocere e mischiare i cibi che mangia. Vi sono 700 mila forme di vita animale: nessuna tranne l’uomo mangia cibo cotto. L’uomo è la sola specie ad essere malata, oltre agli animali domestici a cui viene dato cibo cotto.

Silvester Graham (1794-1851) (uno dei più eminenti scienziati che per primo a parlato di cure naturali, di igiene naturale, di nutrizione) dichiara:

Se l’uomo si sostenesse interamente con cibo crudo, la sua accurata masticazione e il lento inghiottire e i suoi pasti semplici servirebbero grandemente ad impedire l’iper-alimentazione e a salvarlo dai nocivi effetti di una delle cause più distruttive della vita civile.

Giustamente il movimento del cibo crudo si fa risalire a Grahm per il quale, come per Russell Thacker Trall (1812-1877), Allcott, Densmore, Page ed altri, la frutta cruda, le noci e gli ortaggi rappresentano la migliore e la più alta materia nutritiva per l’uomo.

Dice Adolph Just nel suo "Ritorno alla Natura":

Non c’erano forse uomini e donne belli migliaia e migliaia di anni prima della scoperta del fuoco? Volete forse credere che la natura abbia trascurato la salute dell’uomo fino a che pillole, medicinali e cibi brevettati non l’avessero salvato?

Il cuoco arrostisce, bolle, cuoce in umido, aggiunge salse, intingoli, sostanze aromatiche e poi mescola e mescola fino a che della sostanza iniziale, totalmente contraffatta, non è più possibile riconoscere il gusto, il colore, l’aroma. Un cibo che non esiste in natura: adatto ad un popolo destinato ad non esistere. Camuffare la morte, il sapore e il truce aspetto della salma di un animale, con i colori e i sapori della vita, questa in sintesi la professione del cuoco. Più uno chef  è rinomato e famoso, più spavalde, arroganti, avventurose e blasfeme saranno le sue proposte e le sue modificazioni, le sue macchinazioni infernali sul cibo, elaborate in costante contraddizione con le esigenze salutistiche di chi dovrà consumare le sue taroccate opere d’arte culinaria.  Caratteristica peculiare e imprescindibile del cuoco è quella di tenere in totale dispregio le esigenze digestive-assimilative del suo cliente.

 

RIASSUMENDO:

- il cibo crudo richiede masticazione: esercizio essenziale per i denti;

- la necessaria masticazione assicura un’insalivazione appropriata;

- il cibo crudo preserva i denti e lo stomaco dai danni del cibo cotto;

- i cibi crudi posseggono le giuste proporzioni tra sostanze nutritive e quelle di scarto;

- i cibi crudi tendono ad impedire dannose combinazioni di alimenti;

- i cibi crudi posseggono vitamine, enzimi, sali, acidi, carboidrati, proteine, e grassi in forma organica, cioè altamente assimilabili;

- la necessità di masticare ci consente di assaporare pienamente il sapore del cibo, questo assicura l’appropriato adattamento ad esso dei succhi gastrici;

- i cibi crudi non possono essere facilmente adulterati così come oggi avviene per i cibi inscatolati;

- il cibo crudo non fermenta rapidamente;

- la dieta cruda fa risparmiare energie, tempo e lavoro.

 

 

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COME ELIMINARE LE DIPENDENZE

Ti è mai capitato di voler fare qualcosa di particolare, ma di non riuscire, per un motivo o per un altro a farla perché qualcosa te lo impedisce? E ti sei mai chiesto che cosa ti impedisce di vivere la vita che vorresti vivere o raggiungere gli obiettivi apparentemente vicini, ma stranamente così difficili da conquistare?

Oggi ti parlerò proprio di dipendenze e di come riuscire a superarle in 5 mosse.

Iniziamo...

Molti, soprattutto quando si ritrovano ad aumentare le quantità di cibi vegetali, devono spesso affrontare una serie di voglie quasi incontrollate: alcuni provano, soprattutto di sera, un desiderio più o meno irrefrenabile di mangiare farinacei, altri sentono un'attrazione quasi irresistibile verso i dolci, mentre altri ancora non possono proprio fare a meno di mangiare cibi grassi.

Perché succede questo?

Esistono decisamente diverse risposte a questa domanda...

Uno dei motivi per i quali proviamo il desiderio di mangiare una delle suddette categorie di cibi è spesso dovuto al fatto che non mangiamo a sufficienza durante la giornata e così il corpo, una volta arrivata l’ora della cena, cerca di riprendersi quei nutrienti che non ha ricevuto durante la giornata.

A volte, però, questo comportamento può essere dovuto a cause psicologiche: una situazione di tensione sul lavoro o qualche problema di tipo affettivo, la preoccupazione per il proprio futuro professionale, un esame particolarmente impegnativo all’orizzonte...

E così si cerca di trovare sollievo mangiando del pane, della cioccolata, bevendo del caffè, ecc. Insomma torniamo a mangiare quelle cose che magari eravamo soliti mangiare (anzi, gustare) in compagnia, quasi a mo’ di rituale e che ci aiutavano apparentemente a superare determinate difficoltà.

Io, ad esempio, fino a non molto tempo fa ero solita mangiare molti dolciumi e solo pochi anni fa ho capito che una delle maggiori cause poteva essere una percepita mancanza di affetto che mi portavo dietro dall’infanzia, periodo in cui, per sopperire a questa mancanza, ero solita fare delle frequenti abbuffate di dolci.

Sono sicura che anche tu saprai cosa significa avere delle abitudini forse non troppo salutari, ma che ti porti dietro da molti anni, come se si trattasse di un rituale molto potente, soprattutto nei momenti difficili, più che altro perché sembra avere una sorta di effetto lenitivo.

Il problema del ricorso a queste soluzioni è che in fondo non ti aiutano a risolvere il problema, ma creano una sorta di sospensione, una tregua temporanea...

Ad ogni modo, se ti sei stufato di questa situazione, e sei alla ricerca di un modo per neutralizzare definitivamente il tuo tallone d'Achille, sei arrivato proprio nel luogo giusto al momento giusto.

Sei pronto a partire?

Allora prendiamo l’esempio del pane: ogni sera te ne mangi una fetta perché ne senti proprio la necessità e ti dà quel conforto che altri cibi non riescono a darti... ma poi ti senti gonfio e pesante o hai semplicemente un certo senso di colpa perché pensi di aver sgarrato.

Poi ti chiedi sfiduciato „Ma perché non sono riuscito a resistere?“ e decidi che il giorno dopo questo non si succederà più, ma la storia si ripete anche il giorno dopo e magari le fette di pane da una passano a due, perché hai avuto una giornata particolarmente tosta e il tuo bisogno di conforto è particolarmente forte.

E così le porte dell’Inferno si aprono sempre di più... e tu rischi di caderci dentro...

A meno che...

1) Definisci il tuo obiettivo per iscritto

Qualunque cosa tu voglia raggiungere nella vita in tempi possibilmente non biblici ti consiglio di definirlo per iscritto. Se vuoi smettere di mangiare quella fetta di pane la sera (se lo desideri ardentemente) scrivi come ti immagini la situazione, ad esempio “Ogni sera mi preparo un'insalata a base di... Gli alimenti che ho in casa sono...”

2) Definisci la data esatta in cui raggiungerai il tuo obiettivo

Questo è un punto davvero molto importante. Scrivi ora nero su bianco quando avrai raggiunto a tutti gli effetti il tuo obiettivo. Questo ti darà una vera e propria carica propulsiva, magari ti metterà un po' sotto stress, ma almeno “vedrai” chiaramente il punto (la data) dove vuoi arrivare.

Se il tuo obiettivo è smettere di mangiare il pane sarà sufficiente non comprarlo o non mangiarlo e basta, giusto? In realtà bisognerebbe non fare più una di queste due cose... E quindi questo cosa significa? Significa che dovrai riempire questo “vuoto” con qualcos'altro... Capisci dove voglio arrivare? Dovrai cominciare a pianificare con maggiore precisione il tuo menù e allo stesso tempo fare tutto il possibile per non entrare più in contatto con il pane per evitare ricadute.

Un esempio molto calzante a questo proposito è quello della relazione affettiva che ormai non va più e che viene portata avanti per abitudine, ma che fondamentalmente è molto distruttiva. Solo che non riesci a chiudere la storia perché ti risulta difficile immaginare la tua vita senza di lei (il vuoto) e poi perché lei conosce i tuoi punti deboli e sa come tenerti legata a sé. Ma ricordati che tu stesso pensi “Questo amore è una camera a gas” :)))

3) Definisci il piano che ti consentirà di raggiungere il tuo obiettivo

Quindi, una volta finita la relazione, il tuo compito sarà quello di evitare questa persona nel modo più assoluto. Non frequenterai i posti che frequenta lei, non risponderai alle sue chiamate, non la farai entrare in casa, cancellerai i suoi sms, eliminerai le sue foto oltre a tutti i suoi regali, ecc.

E così farai con il pane o con qualunque altro cibo del quale pensi che ti faccia male o che vuoi semplicemente eliminare dalla tua dieta. Okay?

4) Datti una disciplina ferrea fino a che non avrai raggiunto il tuo obiettivo

Questo è sicuramente il compito più difficile, ma è anche quello più determinante per la riuscita della tua impresa. Se stai ancora leggendo questo scritto dopo aver letto la parola “disciplina” siamo già a buon punto :)

Voglio subito tranquillizzarti dicendoti che per disciplina non intendo un’imposizione che viene dall’esterno, ma semplicemente una sorta di guida (proprio come quando si è costretti a camminare con delle stampelle per poter tornare a camminare come prima dopo un brutto incidente) che dovrai impostare tu stesso per raggiungere la meta. Questa autodisciplina è strettamente legata al concetto di motivazione, senza la quale rischi di perderti per strada nel giro di pochi giorni o al massimo di qualche settimana.

La motivazione è il motore che ti fa andare avanti con una marcia in più. “Motivazione” significa avere un forte desiderio di realizzare o raggiungere il tuo obiettivo perché hai un motivo molto forte alla base (come quando sei perdutamente innamorato di qualcuno, che energie di ritrovi, eh?). Quindi, chiediti perché vuoi raggiungere questo obiettivo e impegnati a individuare l’emozione alla base di questo obiettivo. Forse vuoi sentirti più libero, quindi indipendente, vuoi avere il controllo consapevole delle tue azioni.... e questo come ti fa sentire? Riesci a immaginare come potrebbe essere la tua vita dopo?

5) Coltiva le memorie del futuro

Dato che il tuo subconscio non è in grado di distinguere se hai sognato, immaginato o vissuto realmente un evento (per lui tutto è reale), scrivi una lettera a te stesso o a un caro amico (io quando scrivo un nuovo post immagino di scrivere a un caro amico) come se ti trovassi già nel futuro e descrivi come vivi adesso che non mangi più il pane di sera. Molto importanti sono le tue emozioni, cosa provi adesso che ti sei liberato da questa condizione opprimente o fastidiosa (gli aggettivi sono solo un'indicazione arbitraria da parte mia, tu scegli quello che fa più al caso tuo). Rileggi questa lettera ogni sera prima di addormentarti (ti aiuterà a riprogrammare la tua mente).

Questa tecnica ha il potere di darti una vera e propria carica, perché ogni volta che rileggerai la lettera proverai l'emozione di chi ha già vissuto quei momenti descritti nei minimi dettagli.

A questo punto lascio a te la scelta su cosa fare. Io ti ho dato qualche spunto, adesso starà a te cominciare e, soprattutto, arrivare a destinazione. Non aspettarti un percorso facile, ma quando arriverai in cima alla vetta e guarderai il percorso che hai fatto ti renderai conto che, dopotutto, non sarà stato così difficile e soprattutto scorgerai una nuova luce nei tuoi occhi.

E ricordati di premiarti con qualcosa di speciale (un frutto particolare, una serata al cinema, una passeggiata al mare, un’escursione, ecc.) ogni volta che riesci a raggiungere un traguardo intermedio.

 

 

Commenti: 2
  • #2

    Rex Kelvin (martedì, 31 ottobre 2017 01:32)

    Ciao,

    Siamo qui ancora una volta per acquistare il rene per i nostri pazienti e hanno accettato di pagare una buona somma di denaro a tutti coloro che vogliono donare un rene per risparmarli e quindi Se sei interessato ad essere un donatore o se vuoi salvare una vita, ti preghiamo di contattarci via e-mail qui sotto.

    Questa è un'occasione per voi di essere ricchi bene, assicuriamo e ti garantiamo una transazione sicura al 100% con noi, tutto sarà fatto secondo la legge che guida i donatori di rene.
    Quindi non perdere più tempo, scrivici gentilmente su irruaspecialisthospital20@gmail.com

    Ospedale di insegnamento specializzato di Irrua.

  • #1

    Fabio (venerdì, 03 aprile 2015 18:22)

    un po' come la legge dell'attrazione
    immagina o visualizza quello che vuoi come se già l'avessi ottenuto XD

FERRO,ANEMIA E ASSORBIBILIA'

FERRO, ANEMIA, ASSORBIBILITA’.

Non esiste un problema di reperibilità del ferro negli anemici, ma solo un problema di assimilabilità.Salta all'occhio il fatto che per assimilare il ferro serve molta vitamina-C naturale e non sintetica, molta vitamina-E, e altri fattori antianemici come il glutatione (antiossidante presente nei globuli rossi) e la cistina (aminoacido che sta nei cereali integrali, nei lupini, nel germe di grano). Serve anche compresenza di calcio, rame, cobalto e manganese (Il glutine per esempio è un ladro di calcio, infatti nella fragilità ossea, decalcificazione dei denti, osteoporosi e ostopenia, il glutine è la prima cosa da eliminare)

EVITARE INNANZITUTTO LA FERRODISPERSIONE
Prima di pensare a dove trovare il ferro, è utile fare in modo di non disperderlo con fattori incompatibili o sostanze inibitorie. Le troppe fibre tendono a sequestrarlo, soprattutto se innaturali e da integrazione. Il the coi suoi tannini e il caffè coi suoi urati abbassano del 75% l'assorbimento del ferro. Pure l'alcol va eliminato. Il fumo, coi suoi radicali liberi, è nemico della vitamina C e quindi anche del ferro. Aspirina, tranquillanti, analgesici e farmaci in genere, compromettono l'assimilazione. Lo zucchero commerciale diventa acido carbonico nel corpo e preleva ferro. Il sale riveste ruoli distruttivi nei riguardi dell'assimilazione del ferro.I latticini sono totalmente privi di ferro. Come non bastasse, la loro caseina impedisce al ferro alimentare (di frutta e verdura crude) di essere assorbito dai villi.
SIAMO IN REALTA' CIRCONDATI DAL FERRO
Il ferro si trova per ordine di importanza nel germe di grano, nei semi di zucca, nel sesamo, nei pistacchi, nel girasole, nel miglio, nelle mandorle, nelle noci, nell'avocado, nel tarassaco, nelle cicorie, negli spinaci, nei legumi, nei cavoli, nelle bietole, nelle fragole, nelle zucche.In realtà siamo circondati dal ferro e spesso la gente vive in regime di emocromatosi (eccessiva assunzione di ferro con la dieta). Il mondo è pieno di gente anemica che ha paradossalmente dentro di sé troppo ferro nelle forme sbagliate e nei punti sbagliati. Se il ferro è di tipo organicato e non-eme, cioè di origini vegetali e crude, viene facilmente rifiltrato ed espulso, per la parte eccedente, dal sistema renale. Se invece è di tipo eme, concentrato e di origini animali, crea grossi problemi ed è spesso causa di emosiderosi (eccessivo accumulo di ferro).
L'ORRENDA E CIMITERIALE INSALATA DI GALLINA
Secondo la cultura cadaveristica, il ferro si trova nella magnifica e succosa insalata di gallina. Su internet si raccomandano poi, oltre alla bistecca di cavallo al sangue, il fegato, il cuore, la lingua e i testicoli di vitelli, di puledri e di maiali, ricchi di prezioso ferro-eme concentrato. Ovviamente da mangiarsi crudi, con una spruzzatina di limone, visto che cotti perderebbero la vitamina C diventando anemizzanti.
SIDEREMIA E FERRITINEMIA
Si parla di sideremia, di concentrazione ferrica nel sangue (60-160 mcg/dL per l'uomo, e 20-140 per la donna), ovvero di ferro sierico in circolazione per pronto uso.Si parla di ferritinemia, intendendo il ferro in deposito, e si parla di emoglobina (contenente ferro).In caso di anemia, il primo a subire un abbassamento è il ferro circolante (sideremia), poi si riduce la ferritina e poi l'emoglobina.Il ferro è combinato con le proteine del sangue in forma funzionale, nell’emoglobina e negli enzimi, e in forma depositaria e di riserva nella transferrina (satura e insatura), nella ferritina (sierica del sangue e tissutale del fegato, della milza e del midollo), e nell’emosiderina.
I VALORI ALTALENANTI DEL FERRO
Essendo la quota di ferro libero nel sangue di entità trascurabile, la sideremia, di fatto, misura il ferro legato alla transferrina, quello che è poi veicolato dal fegato e dagli intestini.I valori del ferro sono molto altalenanti nel corso della giornata e occorre sempre dare uno sguardo alla ferritina che è più stabile, per cui se anche essa cala significa che le riserve ferriche sono scariche davvero.Il ferro cala in caso di gravidanza, di allattamento, di malattie (Tbc, Crohn, tumori, leucemia, emosiderosi, insufficienza renale, diabete), di assunzioni ormonali e chimiche (ACTH, testosterone, estrogeni, cortisone, farmaci). Cala con le infezione, altrimenti ci sarebbe il rischio della reazione di FENTON
SANGUE, TRASPORTATORE VERSO L'ESTERNO
Il sangue rappresenta 1/13 del peso corporeo ovvero un prezioso secchio da 4-6 litri, e funge da intermediario tra ambiente esterno e sistema linfatico. Fornisce ossigeno agli alveoli polmonari per la respirazione, fornisce elementi nutritivi all'intestino, e scarica i materiali interni di rifiuto organico e cellulare (detriti cellulari o virus endogeni) ai reni e alla pelle.Il sangue viene movimentato dai polmoni e dalla valvola cardiaca.
LINFA E SISTEMA LINFATICO, TRASPORTATORI VERSO L'INTERNO
La linfa invece, alleato e fattorino del sangue, liquido che imbeve i tessuti (12-13 litri) e che scorre nel sistema linfatico, comunicante al sistema sanguigno (e non dal sistema sanguigno), è la parte più delicata ed intima degli scambi metabolici, della nutrizione e della pulizia cellulare, e per essere movimentata ha bisogno di attività fisica-aerobica, essendo priva di un cuore pompante come avviene per il sangue. Sistema linfatico e vasi chiliferi sono scoperte di Gaspare Aselli, docente a Pavia (1581-1626). I vasi chiliferi assorbono le sostanze dai villi e la versano nel serbatoio-cisterna di Jean Pecquet, anatomista francese (1622-1674).
DISTRIBUZIONE ACQUA TRIZIATA O TOTAL BODY WATER
Il TBW (total body water, o acqua totale del corpo), è composto dalla parte liquida del sangue (3 litri), dai 12 litri di linfa, e dai 30 litri di fluidi intracellulari. Il tutto dà luogo al TBW che è di circa 42-43 litri su 70 kg di peso, e che viene anche chiamato valore di distribuzione dell'acqua triziata (resa radioattiva dalla presenza del trizio, isotopo dell'idrogeno).Consiglio di studiare per bene la mia fondamentale tesina "Lo scorrimento delle acque, le insufficienze e le cure", del 29/10/10. 
EMOCROMO, ERITROCITI E PLASMA
L'emocromo, ossia l'esame del sangue, fa la conta degli eritrociti (globuli rossi), dei leucociti (globuli bianchi) e dei trombociti (piastrine). Il sangue è tessuto connettivo allo stato liquido e si suddivide in parte cellulare densa o corpuscolare chiamata ematocrito (globuli e piastrine per l'appunto), che rappresenta il 42-52% nell'uomo e il 35-45% nella donna, ed in parte residua liquida, chiamato plasma. Il plasma è un liquido giallastro paglierino che rimane dopo che dal sangue sono stati tolti i globuli e le piastrine mediante centrifugazione (per essere conservato servono gli anticoagulanti citrato ed eparina).
EMATOCRITO BASSO ED ESUBERANTE POLICITEMIA
Il plasma, privato della parte solida, della componente proteica chiamata anche fibrinogeno (proteina che trasformandosi in fibrina produce la coagulazione) può essere conservato senza che si coaguli, si chiama siero, e serve spesso in campo diagnostico. Nelle prove di laboratorio si possono usare sia il plasma che il siero.L'ematocrito (Hct), ossia il volume occupato da globuli e piastrine), può essere basso, in caso di anemia o alto, in caso di esuberante produzione di globuli rossi e di emoconcentrazione. In tale ipotesi si ha una riduzione della frazione plasmatica e siamo in situazione di policitemia.
I CONTROLLI ANTIDOPING
Negli atleti (specie ciclisti, calciatori, velocisti), in sede antidoping e prova delle urine, si fa il controllo dell'ematocrito, per verificare che esso non sia esagerato, ovvero che non sia stato pompato in alto da assunzioni o da iniezioni di eritropoietina EPO, ormone umano e farmaco ricombinante.
UN ESAME DI COSCIENZA E UN COMPUTO DELLA SUPERFICIE ASSIMILATIVA
Quando si hanno difficoltà ad assimilare ferro occorre fare innanzitutto un esame di coscienza.In quali condizioni si trova il nostro intestino? I 4,5 milioni di villi che occupano la parte assimilativa del piccolo intestino, con una spazio assorbente di 400-600 metri quadri, sono tutti pimpanti e pronti ad assorbire, o hanno le loro tante paginette assorbenti mezze incollate dalla collosa caseina dei latticini assunti assurdamente nella nostra dieta? Abbiamo realmente a disposizione 2 campi da tennis assimilativi, o soltanto un piccolo e malridotto sgabuzzino da 30 metri quadri?
COME CI ALIMENTIAMO?
Altra domanda basilare da porsi. Ci alimentiamo con ferro-eme di natura animale, causa di terrificanti sberle al sistema immunitario, al fegato e ai reni, o ci alimentiamo di ferro non-eme di natura vegetale, meno concentrato ma altamente digeribile ed assimilabile?Per molti medici obsoleti e smemorati, oltre che sanguinari per impostazione professionale, le tragiche e fallimentari esperienze mediche medievali non hanno insegnato nulla.
SCENE APOCALITTICHE MEDIEVALI E FALLIMENTI IN SERIE
Gruppi di poveri disgraziati anemici, bianchi come pagine di quaderno, portati nel macello a bersi litri di sangue caldo direttamente dal toro o dal cavallo appena macellato. Picchi di eccitazione e di rossore seguiti da mortali depressioni. Eppure l'alleanza assurda tra medicina e macelli continua ancora a conferma dell'estrema stupidità umana.Ci alimentiamo con frutta e verdure crude cariche di ferro organicato e filtrabile, o con verdure cotte dove il minerale è stato ritrasformato dalla cottura in ferro inorganico devitalizzato e dannoso, tipo quello del chiodo, dell'acqua minerale o dei sali del terreno, cioè un ferro dalla struttura molecolare non collaginoso e fluttuante ma cristallino e precipitante?
IL DISASTRO DEL DOPING E DELLA BECERA CULTURA ORTOMOLECOLARE
Quanto al ferro degli integratori, è risaputo che tutte le integrazioni minerali sono dannose, dopanti e inutili.Servono soltanto ad innalzare i valori nel tempo dell'assunzione, non certo a riequilibrare il sistema.Stessa cosa per le vitamine. Particolarmente dannosa l'assunzione di vitamina D, molto pubblicizzata in questi tempi invernali negli spot televisivi e persino nel mio stesso blog (chiaramente a mia personale insaputa).
LE SETTANTA PASTICCHE DI ROBERT ATKINS
Uno dei maggiori guru dell'integrazione, il dr Ray Strand, teorico americano della Medicina Nutrizionale, dove nutrizione sta per integrazione prima ancora che per cibo, pregio di essere chiaro e franco coi suoi clienti, visto che li avverte. L'integratore va usato non per un mese o un anno, ma a vita. Quando lo smetti crolla tutto.Se poi integri qualcosa, devi integrare cento altre cose. E farai come ilche ridicolizzava i bevitori di spremuta d'arancia come fossero dei perditempo, visto che le sue pasticche risolvevano in un battibaleno tutte le carenze.Ne teneva in tasca una settantina di diverso colore. Non gli servirono affatto a stoppare il suo cancro e il suo infarto.

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SOLANACEE E SOLANINA

 

Solanacee e solanina: insomma possiamo abbondare o no?

 

 

 

L’estate è senza dubbio la stagione di pomodori, peperoni, melanzane, e nell’area mediterranea se ne coltivano e se ne consumano grandi quantità.

L’altra diffusissima solanacea, la patata, è invece consumata tutto l’anno. Interessante notare che hanno tutte origini extra-mediterranee (Americhe per pomodoro, patata e peperone; estremo oriente per le melanzane), e che il consumo in Europa inizia dal ’600/’700 in poi, dunque il nostro apparato digerente le conosce da circa 400 anni, se va bene.

 Chi tenta di seguire un’alimentazione naturale, per niente tranquillizzato già da questo, viene poi ogni tanto investito da notizie allarmanti sulla tossicità delle solanacee (dai libricini sull’alimentazione agli articoli su riviste di gossip alla macrobiotica orientaleggiante), ed è tentato, esagerando, di non mangiarne più. Ricordo che la questione delle solanacee fu (con quella degli agrumi) la prima che cominciò a generare in me le perplessità sulla macrobiotica stile Ohsawa-Kushi (non trovavo l’affermazione “sono troppo yin” molto convincente nè scientifica, nè il consiglio di “equilibrarle” con la carne una cosa molto saggia). Ma anche dal mondo dell’informazione l’approfondimento non poteva venire.

La frase tipica che si trovava accanto alla categoria “solanacee”, ovunque si cercasse, era: “meglio non esagerare, poichè contengono la solanina, un alcaloide tossico“.

Troppo sbrigativa.

Seguiva poi la solita predichetta sulle patate verdi, germogliate e vecchie che sapevano già 3500 anni fa sulle Ande o la storiella dei pomodori verdi, che in fondo pochissimi mangiano. Le domande, come si suol dire, sorgevano spontanee: cosa è infatti un “alcaloide”? Tossico? E in che modo? Per quali organi? E in quali quantità? Se mi mangio un secchio di purè vado all’ospedale e posso stare tranquillo solo se mangio due pomodori ciliegini lillipuziani?

Le melanzane al funghetto le devo rimandare a domani se no accumulo?

Se avrete la pazienza di leggere questo post fino in fondo avrete la risposta a tutte queste domande, con l’aggiunta di un paio di tabelle che ho elaborato negli anni con, finalmente, degli esempi e delle quantità reali
Vediamo cosa ne dice la scienza.

Alcaloide: gli alcaloidi sono sostanze di origine perlopiù vegetale. Non è un raggruppamento basato sulle caratteristiche chimiche, essendo sostanze di varia e diversa provenienza, ma su come  interagiscono con l’organismo, e infatti il motivo del nome è che ricordano gli effetti degli alcali, sostanze molto irritanti e corrosive per i tessuti degli organismi viventi (fra gli alcali, un esempio per tutti: la soda caustica). Il gruppo degli alcaloidi è vasto e comprende sostanze quasi innocue e sostanze molto velenose: sono alcaloidi la nicotina (nel tabacco, fra l’altro anch’esso una solanacea), la caffeina (caffè, tè), la teobromina (cacao), la capsaicina (gusto piccante del peperoncino) ma anche la tubocurarina (curaro) o la coniina o cicutina (cicuta).
Gli alcaloidi contenuti nelle solanacee sono per lo più glicoalcaloidi (alcaloide + zuccheri) di bassa tossicità, il più conosciuto dei quali è la solanina. Ma ci sono anche la chaconina (nella patata in dosi paragonabili alla solanina), la tomatina  (nel pomodoro è la predominante), la solasonina e la solamargina (melanzane) e altri in quantità trascurabili.
Parlando di solanacee, solanina, chaconina, tomatina, solasonina e solamargina sono spesso per semplicità indicate genericamente come “solanine“, ma per maggior precisione vengono chiamate anche “TGA” (Total GlycoAlkaloids).

Raggrupparli non è un azzardo, visto che la loro struttura chimica è molto simile e quando vengono metabolizzati liberano gli stessi pochi alcaloidi: solanina e chaconina vengono separate dagli zuccheri presenti nella molecola e liberano l’alcaloide solanidina.

 La tomatina libera invece l’alcaloide tomatidina, mentre solasonina e solamargina liberano l’alcaloide solasodina.

Visto che utilizzando tutti questi nomi le idee cominciano già a confondersi, e non poco, per semplicità d’ora in poi useremo anche qui i termini “TGA” o “solanine”.

Ruolo biologico: la pianta le produce come pesticidi naturali. Le solanine fungono da reppellenti per insetti e vermi, insetticidi, funghicidi e battericidi. Ad esempio nella patata solanina e chaconina sono efficaci fra l’altro contro la dorifora e la peronospora, mentre la tomatina è un buon battericidida e funghicida, tanto che le foglie di pomodoro erano usate in passato per disinfettare le ferite superficiali.

Tossicità e benefici: i TGA agiscono soprattutto sui tessuti dell’apparato digerente, le cui pareti cellulari vengono danneggiate, e sul sistema nervoso, bloccando la trasmissione degli impulsi fra le cellule nervose (effetto anti-colinesterasi).
A dosi tossiche per ingestione i sintomi sono vomito, dolori addominali, disturbi gastrointestinali, mal di testa, vertigini, confusione mentale.

A dosi mortali la complicanza maggiore è il blocco cardiorespiratorio.
Oltre alla tossicità acuta è stata esaminata anche la tossicità cronica, legata a basse o bassissime assunzioni per anni.

Nonostante le ricerche siano numerose i risultati sono ancora non del tutto certi e anche controversi.
Il primo effetto cronico che si sospetta riguarda il metabolismo del calcio.

Questo sembra essere destabilizzato dal fatto che la solanidina (l’alcaloide derivato da solanina e chaconina) ha una molecola molto simile alla vitamina D3, fino al punto di favorire il prelievo di calcio dalle ossa e il suo deposito in giunture e tessuti molli (forse anche le arterie, causando arteriosclerosi). Questo peggiorerebbe dolori articolari, artrite, artrosi nei soggetti geneticamente predisposti.
Il secondo riguarda la psoriasi.

Nei soggetti predisposti la somiglianza della solanidina con la vitamina D3 ingannerebbe i recettori presenti nella pelle che si occupano di moderare la proliferazione cellulare (proliferazione che, degenerando, provoca appunto la psoriasi).

Con la vitamina D3 i recettori si attivano, con la solanidina no, peggiorando o scatenando la malattia.
Per contro bisogna sempre tenere conto degli indubbi e dimostrati effetti positivi sulla salute delle solanacee, di gran lunga maggiori del rischio alcaloidi. Come dimenticare gli antiossidanti di pomodori e peperoni?

Vitamina C in quantità enormi, carotenoidi fra cui il licopene, polifenoli a centinaia, vitamine, sali minerali forniti generosamente anche da melanzane e patate. Per non parlare delle fibre, solubili e insolubili.

Consumando le solanacee anzi continueremo nell’opera di adattamento (genetico e culturale) a questi alimenti che hanno più lati positivi che negativi, alla ricerca dell’ennesima “armonia tossicologica” fra uomo e natura.
Come ulteriore incoraggiamento sono poi cominciati gli studi per capire se i glicoalcaloidi delle solanacee possono avere anche ruoli positivi (anticancro, e sembra anche antivirali), come li hanno ad esempio gli isotiocianati delle crucifere, anch’essi tossici ad alte dosi (ad esempio bastano già 500 gr di cavoli per influire negativamente sul metabolismo dello iodio nella tiroide), ma per l’uomo validi anticancro. Le ricerche sulle solanine in questo senso sono già numerose e promettenti (Mendel Friedman su tutti, per chi è interessato).

Eliminazione delle solanine: gli studi sono controversi. Ricerche effettuate su topi, ratti, criceti, scimmie, uomini hanno dato esiti diversi, ma diverse sono state anche le modalità di somministrazione. La solanidina pura (l’alcaloide finale, dunque, che nei cibi è tale solo in piccole quantità) sembra venire assorbita in buona percentuale, mentre le solanine come glicoalcaloidi presenti negli ortaggi vengono in buona parte eliminate con feci e urine nel giro di 24 ore (i roditori in testa: 70-80%). Una volta accumulate nell’organismo sembra invece che vengano smaltite lentamente (mesi). Si accumulano, dove più dove meno, in quasi tutti gli organi. Una sintesi plausibile di quanto si sa finora è questa: le solanine presenti nei cibi vengono eliminate, o meglio non assorbite, fino al 70-80% con feci e urine nel giro di 24 ore. Quelle che vengono assorbite e si accumulano negli organi hanno un’emivita (cioè un tempo di dimezzanento) di 30-60 giorni. Vuol dire che se volessimo eliminare completamente dal nostro organismo le solanine assorbite finora dovremmo evitare le solanacee per parecchi mesi. Molto sembra dipendere anche dalla genetica: un sudamericano ha nei geni millenni di consumo di solanacee, un europeo pochi secoli, e l’adattamento può quindi essere diverso.
La cosa non deve stupire. Ad esempio la persistenza anche in età adulta dell’enzima lattasi per la digestione del lattosio ha avuto un’evoluzione simile: pochi uomini l’avevano 10-12000 anni fa, ora è presente in buona parte dell’umanità.
D’altra parte non potrebbe essere altrimenti, poichè con la quantità di solanine presenti ad esempio nelle patate, anche se ben conservate, le popolazioni che ne fanno uso quotidiano raggiungerebbero la dose tossica nel giro di pochi giorni, se venissero assorbite tutte o quasi.
La cottura non serve, poichè le solanine degradano solo oltre i 240 gradi. L’abbassamento della concentrazione di solanina ad esempio nelle patate lessate è dovuto in massima parte alla diluizione nell’acqua di cottura, cosa che dunque non ha effetto in minestroni, zuppe e minestre in cui si mangia anche il liquido di cottura. L’unico modo per tenere sotto controllo l’introito di TGA è fare attenzione agli alimenti che ne possono contenere troppi (vedere più avanti).

Dosi tossiche: su questo la scienza è unanime: 3 mg per kg di peso corporeo(cioè circa 210 mg totali per una persona di 70 kg) sono la dose tossica (vomito, dolori addominali, disturbi gastrointestinali, mal di testa, vertigini), 6 mg per kg di peso corporeo la dose potenzialmente mortale (420 mg totali per la persona di 70 kg).

Nel caso della dose mortale la complicanza maggiore è come già detto il blocco cardiorespiratorio.
La risposta a queste dosi può variare da persona a persona e come visto questo potrebbe dipendere anche dalla propria storia genetica.
Nel computo di queste dosi è venuta in aiuto anche la pratica medica: studiando i casi di intossicazione da solanina si è giunti a capire anche praticamente e precisamente quali fossero le dosi scatenanti. Vista la minor massa corporea i più coinvolti sono sempre stati i bambini: il tipico caso è il ricovero in massa di intere scolaresche con mal di pancia e vomito dopo il consumo in mensa di patate verdi, vecchie, mal conservate o germogliate. Inutile sottolineare che per i bambini le dosi tossiche vanno più che dimezzate (evidenziato anche nella tabella più sotto). Altra cosa importante:
abbiamo visto che buona parte della solanina ingerita viene eliminata nel giro di 24 ore, dunque le dosi tossiche sono da intendersi “al giorno“.

Quantità nei vari alimenti: in condizioni normali la dose biologicamente utile alla pianta per proteggere frutti e tuberi dall’attacco di muffe, insetti, vermi e batteri sembra essere dai 50 ai 100 mg per kg, soprattutto concentrata nelle parti esterne (buccia) e intorno ai semi. Dosi maggiori sono accumulate in foglie, fusti, radici, che non sono commestibili. Le quantità di solanine che si trovano negli ortaggi che consumiamo variano però molto in base allo stato di conservazione, maturazione e attacchi che la pianta ha subìto prima della raccolta. Una cattiva stagione può più che raddoppiare il contenuto di TGA nelle patate, e l’assenza di uso di pesticidi chimici (come in alcune coltivazioni biologiche dove non vengono usati altri antagonisti) costringe le piante a produrre più solanine per difendersi (ma probabilmente sono meglio loro che alcuni pesticidi chimici…). Le cultivar di solanacee usate al giorno d’oggi sono frutto di lunghe selezioni, che ne hanno abbassato in molti casi i livelli di TGA. Le varietà selvatiche, più soggette ad attacchi esterni, ne contengono di più. La tabella sottostante (cliccare per ingrandirla) ne riporta il contenuto per le diverse solanacee in diverse condizioni di maturazione e conservazione, con le dosi tossiche e letali stimate di ognuno per adulti e bambini. 

 

Solanine

Patata: riguardo i TGA è l’ortaggio più studiato, a causa del suo indubbio maggior consumo.
Le popolazioni precolombiane del sudamerica conoscono gli effetti potenzialmente tossici della patata (alle alte quote delle Ande è amara e molto ricca di solanine) già da millenni, tanto che hanno inventato metodiche di essicamento al freddo allo scopo di eliminare i liquidi contenenti la solanina prima del consumo e arrivare ad un alimento commestibile (chuño). Le qualità coltivate al giorno d’oggi alle nostre latitudini sono invece poco ricche di solanine, in media 75 mg per kg di patate sane (non verdi nè germogliate), dunque la dose tossica si raggiunge con circa 3 kg di patate in un solo giorno, quella potenzialmente letale con 6 kg. Patate verdi e germogliate possono avere da 200 a 1000 mg per kg di solanine, dunque la dose tossica si abbassa sotto al kg o meno, ma a quel punto la patata diventa amara e dal retrogusto piccante e metallico, praticamente immangiabile, ed è così che il nostro organismo ci avverte di non mangiarla in quelle condizioni. La solanina si concentra subito sotto la buccia (fino all’80%, per difesa da agenti esterni), dunque sbucciandola il contenuto cala parecchio, e la bollitura in acqua ne diluisce un po’ la concentrazione (ma molto poco e per diluizione, non per la temperatura in quanto la solanina come già detto degrada solo oltre i 240 gradi). Dunque la dose tossica per patate sane sbucciate generosamente sale a più di 10 kg in un giorno, quella potenzialmente letale molto oltre i 20 kg, dosi impossibili anche per i più voraci.
Attenzione invece alla qualità delle patate utilizzate nello svezzamento dei lattanti, con l’onnipresente quotidiano brodo vegetale di patate-carote-zucchine: le patate devono essere di eccellente qualità. Gettare via senza pietà patate verdi, germogliate, tagliate, ammaccate, grinzose, vecchie.
Nelle patate la solanina aumenta con i tagli superficiali (patate rovinate), la luce solare (ma anche di lampade fluorescenti, come nei supermercati, per i raggi UV), la germogliazione, l’inverdimento, ed è più alta nelle patate meno mature (troppo novelle) e molto piccole (patatine da forno). Processi che concentrano molto il peso delle patate (patatine fritte in busta) possono alzare il contenuto di solanina nel prodotto finale. Solanina e chaconina, i glicoalcaloidi maggiormente presenti nelle patate, sono considerati i più tossici, con in testa a tutti la chaconina. Viste comunque le quantità, se si usano patate sane e sbucciate si può stare più che tranquilli.

Pomodori: il glicoalcaloide principe è la tomatina, dalla tossicità piuttosto bassa. Nei pomodori verdi può andare da 90 a 300 mg per kg, che in un quelli quasi maturi (tipico momento di raccolta per i pomodori distribuiti nei negozi) scende a 20/30 mg per kg, una dose che diventa quasi trascurabile nel pomodoro perfettamente maturo dal colore rosso intenso e di consistenza tenera (raccolto nell’orto e mangiato) che può avere da 1 a 5 mg per kg di TGA. Se presenti, sono più concentrati nella parte viscosa attorno ai semi e nella buccia. I pomodori verdi vanno evitati e non dati ai bambini. Le foglie di pomodoro, che alcuni chef usano (con un po’ di leggerezza) per insaporire le salse, vanno consumate con la stessa cautela con cui si mangerebbero le mandorle amare: evitate o in quantità minimissime.
Salsa di pomodoro e concentrato di pomodoro, in genere fatti con pomodori ben maturi (altrimenti non sono buoni), contengono quantitativi irrisori di solanina e tomatina nonostante l’ortaggio sia molto concentrato perchè è molto bassa la loro presenza nella materia prima.
Il pomodoro risulta la solanacea più sicura e salutare, viste le basse dosi di TGA, la bassa tossicità della tomatina in particolare e gli altri pregi nutrizionali di cui si può vantare. Sappiamo dalle statistiche che il consumo medio annuo pro-capite di pomodori in Italia (in tutte le loro forme, dal sugo all’insalata) è di 75 kg: Ipotizzando per eccesso un contenuto medio di 10 mg/kg di solanine arriviamo a 750 mg in un anno, circa 2 mg al giorno: un centesimo della dose tossica, e siamo stati pessimisti.

Peperoni: le varietà rosse e gialle, ben mature, hanno meno di 80-90 mg/kg di solanine. Le varietà verdi non ne hanno tante di più, ma visto il minor quantitativo di carotenoidi hanno alla fine un valore nutrizionale minore. Personalmente quelli verdi non li consumiamo quasi mai, gli altri molto spesso crudi nelle insalate miste.

Melanzane: solasonina e solamargina sono poco tossiche, probabilmente appena poco più della tomatina, e nelle melanzane si concentrano soprattutto nella buccia. La tradizionale salatura delle fette adagiate nello scolapasta e pressate, con perdita dell’acqua nella quale si diluiscono in parte i TGA, ne abbassa la concentrazione, che in media nel prodotto fresco va da 60 a 110 mg/kg. La sbucciatura abbassa sì il contenuto di solanine ma elimina anche le sostanze bioattive come i polifenoli antociani (colore viola), abbassando così la sua valenza nutrizionale.

Ma è facile o difficile arrivare a dosi tossiche? La tabella seguente ipotizza tre successive giornate casuali con diversi menu: nella prima ci si abbuffa di solanacee, nella seconda si sta nella norma, nella terza non se ne consumano affatto. Come si vede, nonostante tutto le dosi di solanine restano ampiamente a livelli di sicurezza, anche “esagerando”. La media della tre giornate è di 32 mg, un livello più che accettabile, tenendo presente che la prima giornata è esasperata, mentre con una alimentazione varia ed equilibrata all’italiana non si superano verosimilmente i 10-15 mg al giorno.

 

TGA nei pasti

Dunque la risposta alla domanda del titolo è: mangiamole senza troppi problemi nel contesto di una dieta varia, nella quale dunque non si abbonda esageratamente di nulla. Non si può mangiare verdura solo sotto forma di solanacee, come non si può esagerare con le crucifere (isotiocianati anche loro virtualmente tossici), con la frutta (poliammine che possono favorire le cellule tumorali), con i formaggi (grassi saturi), con la carne (acidosi), con la pasta integrale (fitati non neutralizzabili), con gli spinaci (ossalati) ecc. ecc. In una dieta naturale ben condotta, quindi molto differenziata, non si riesce ad abusare di un solo tipo di alimenti. Se sono quattro sere che a cena come contorno mangiamo solo insalata di pomodori e peperoni c’è qualcosa che non va: le altre verdure che fine hanno fatto? Una dieta naturale è anche stagionale: in inverno ci piace usare sicuramente la salsa di pomodoro e i pomodori secchi, mentre con pomodori, peperoni e soprattutto melanzane freschi facciamo una lunga pausa. Questo consente anche di smaltire le poche solanine accumulate durante primavera ed estate. 

 

 

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I CENTRIFUGATI

....a tutta natura......
....a tutta natura......

CENTRIFUGATI A TUTTO COLORE

Disintossicanti, amici dell'abbronzatura, difensori dei vasi sanguigni e del sistema cardiovascolare, alleati della dieta e del sistema immunitario: i centrifugati di frutta e verdura sono spuntini da mille colori e dalle mille virtù. Sono freschi e gustosi, facili da preparare in tanti modi diversi sopratutto in estate: usare le verdure e la frutta di stagione è un ottimo modo per fare il pieno di sostanze davvero preziose, che spesso, nella dieta normale, non assumiamo a sufficienza.

Vitamine, antiossidanti e sali minerali sono molto importanti sia per la salute che per la prevenzione di numerose malattie. D'estate sono un ottimo metodo per reintegrare i sali minerali che perdiamo con il sudore. Anche abituare i bimbi fin da piccoli a bere centrifugati e succhi naturali di frutta e verdura è un ottimo modo per far loro apprezzare il gusto della frutta e della verdura e fornirgli un pieno di vitamine e sali minerali. 

I colori della frutta

La presenza di vitamine e minerali differenti si evidenzia nel colore intrinseco dell'alimento. Bianco-giallo-arancione-blu-viola e verde, sono indici della presenza di sostanze diverse e utili per l'organismo. Meglio variare i colori della frutta e della verdura per assimilare tutti i preziosi e diversi nutrienti che in essi sono contenuti. Il colore verde è dato dalla presenza della clorofilla, che ha una potente azione antiossidante per il nostro organismo, inoltre luteina e polifenoli rinforzano denti e ossa. Flavonoidi e carotenoidi sono alcuni dei componenti che caratterizzano gli alimenti di colore giallo arancio. Potenziano la vista, prevengono l'invecchiamento cellulare e rinforzano le difese immunitarie. Nel gruppo del rosso rientrano frutta e verdura dalle virtù preziose perchè ricche di antocianine, licopene e ferro. Queste sostanze sono capaci di ridurre il rischio di sviluppare tumori e patologie cardiovascolari. Il blu-viola è amico della vista, dei capillari sanguigni e di una corretta funzione urinaria per la presenza di carotenoidi, antocianine e resveretrolo nonchè di magnesio e potassio. Nutrirsi di bianco è un vero affare per la nostra salute. Il selenio e i composti solforati contenuti, rinforzano il tessuto osseo e i polmoni, prevengono le patologie cardiovascolari e la formazione di neoplasie.

IL LATTE

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MOTIVAZIONI ETICO - SALUTISTICO - ANTROPOLOGICHE

Dopo i primi tre ani di vita l'uomo perde gli enzimi (rennina e lattasi) preposti per la digestione del latte. L'uomo è il solo animale che continua a prendere il latte (dopo lo svezzamento) di un animale che egli considera inferiore sotto l'aspetto intellettivo, emotivo e spirituale.

Tra il latte umano e quello vaccino c'è la stessa differenza che esiste  tra una donna ed una mucca. Il latte della mucca è adatto al vitello che ha una velocità di crescita 3 volte superiore a quella del cucciolo umano ed una necessità proteica quasi 4 volte maggiore.

I reni di un bambino nutrito con latte vaccino arrivano ad essere un terzo più grossi di quelli di un bambino nutrito al latte di donna: l'ipertrofia è determinata dal superlavoro cui sono sottoposti i reni a causa dell'eccesso proteico del latte vaccino che oltre ad oberare i reni ed il fegato, arreca danni all'ipofisi, alla tiroide e al surrene.

Il latte vaccino nei bambini può provocare sanguinamento gastroenterico; è carente di ferro perché il fosforo e il calcio che contiene interferiscono con l'assorbimento di questo minerale. (Dr.ssa Elena Guarnieri, nutrizionista. "Viversani", maggio 2009)

Il latte umano oltre ad avere (in assoluto) il più basso valore proteico, è anche il più dolce. Il cervello umano funziona a glucosio. I glucidi del latte umano, sotto forma di lattosio, sono essenziali per lo sviluppo cerebrale del bambino: sono presenti nel latte umano in misura quasi doppia rispetto al latte vaccino.

Solo il 25-30% del calcio presente nei latticini viene assimilato, il resto viene eliminato con le feci perché i latticini non contengono la vitamina K fondamentale per il corretto assorbimento del calcio. Il latte di vacca, anche se ricco di calcio, quando è nel tubo digestivo umano la maggioranza di esso precipita sotto forma di fosfato di calcio e viene eliminato attraverso le feci. Solo una piccola parte viene assorbita.

Nei formaggi vi è un'alta concentrazione di farmaci, di diserbanti ed additivi. I nitrati (conservanti) si trasformano facilmente in nitrosammine potenzialmente cancerogene. I formaggi stagionati contengono molte proteine, grassi saturi e  colesterolo

EFFETTI

Tre quarti di tutte le allergie e metà dei problemi digestivi del bambino sono causati dal latte vaccino, oltre a casi di asma, di insonnia e di affezioni cutanee.

Il latte produce catarro e muco che si fissa sulle pareti dello stomaco impedendo l'assorbimento delle sostanze alimentari. La caseina del latte è la base di una delle più potenti colle per il legno usata per la costruzione delle navi.

Il latte vaccino apre la strada a: catarro, febbre da fieno, asma, bronchite, raffreddore, allergie, dissenteria, stitichezza, palpitazioni, malattie cardiache, angina, calcoli renali, artriti, spondiliti, tumori e cancro.

Al latte e alle uova sono da attribuire almeno la metà di tutti i cancri maschili e a più di due terzi dei cancri femminili.

Il fosforo presente nel latte vaccino è circa 6 volte maggiore che nel latte umano, questo blocca l'assorbimento del calcio provocando nel lattante una tendenza alla ipocalcemia. Il fosforo serve all'animale per costruire rapidamente il suo scheletro che gli consente di fuggire anche da cucciolo ad un pericolo improvviso.

Rudolf Steiner sostiene che il bambino nutrito con il latte vaccino presenterà da anziano sclerosi ed invecchiamento precoce.

Nel 1942 un'indagine in Scandinavia sui legami tra latte vaccino e l'insorgenza dell'artrite, durata 30 anni, ha dimostrato che il latte vaccino causa il fattore artritico.

Da un'indagine in alcune zone dell'India dove lo yogurt si consuma abbondantemente, pare che il galattosio sia la causa dell'insorgere della cataratta.

I fermenti dello yogurt utilizzano per il proprio sviluppo la vit. B12 che si forma nell'intestino umano provocandone una diminuzione.

Un quinto dell'umanità vive benissimo senza usare latte vaccino: Cinesi, Giapponesi e Coreani...

Il latte di mucca provoca nel bambino carenza di ferro.


Il pediatra prof. Marcello Giovannini ed il nutrizionista Ermanno Lanzola sconsigliano il latte vaccino nei primi 12 mesi di vita del bambino perché:

- ha troppe proteine;

- ha meno lattosio del latte umano;

- ha uno squilibrato rapporto di acidi grassi;

- ha valori squilibrati di calcio e fosforo;

- è privo di fattori di difesa specifici;

Il latte umano ha un elevato contenuto di acido linoleico, precursore delle prostaglandine e leucotrieni antiinfiammatori. Al contrario, il latte di vacca è una sostanza infiammatoria al 100%.

Il latte vaccino contiene circa 59 tipi di ormoni (pituitari, steroidei, adrenali, sessuali etc.) tra cui il piú importante l'ormone della crescita veloce dei vitelli.

Il latte può anche essere contaminato da prodotti chimici, ormoni, antibiotici, pesticidi, pus proveniente dalle mastiti, virus, batteri, prioni...viene arricchito con additivi, vitamine e minerali sintetici, semi, piante, frutti, proteine, acidi grassi... In alcuni casi, anche  grassi di animali diversi.

Le sostanze tossiche che con piú frequenza si possono trovare in un bicchiere di latte di vacca sono:

- Metalli e plastica;

- Detergenti e disinfettanti;

- Pesticidi e fertilizzanti;

- Micotossine: provenienti dal mangime che si dá alle vacche;

 

- Antibiotici ed altri farmaci;

- Diossine.

 



IL PROBLEMA DEL CALCIO

Negli Stati Uniti, il paese maggior consumatore mondiale di latte, c'è un'incidenza maggiore di osteoporosi tra la sua popolazione.
Il Progetto di nutrizione Cornell Oxford-Cina, salute e ambiente, che si iniziò nel 1983 con uno studio delle abitudini quotidiane di 6500 abitanti di 65 province disperse nella Cina rurale, una delle ricerche più rigorose effettuate in materia di salute, si provò che le donne che non bevevano latte di vacca non soffrivano di osteoporosi. Se lasciavano questa dieta e introducevano latte di vacca, i loro livelli di calcio si abbassavano e aumentava l'incidenza di questa patologia.
Le ricerche svolte dal dottor John McDougall (medico nutrizionista del ST. Helena Hospital di Napa California, USA) dimostrarono che le donne dell'etnia Bantú che non bevono latte di vacca pur avendo una media di 10 figli e li allattano per lunghi periodi, non soffrono osteoporosi.
Il lavoro del Dr. William Ellis, ex presidente dell'Accademia Americana di Osteopatia Applicata, stabilì che le persone che bevevano da 3 a 5 bicchieri di latte al giorno presentano i livelli più bassi di calcio nel sangue.
Lo Studio pubblicato dall'American Journal of Clinical Nutrition stabilì che l'eccesso di proteine del latte è uno dei fattori più importanti nello sviluppo dell'osteoporosi. Inoltre si dimostrava che fino all'età di 65 anni le donne che non bevevano latte ed erano vegetariane, avevano solo il 18% di perdita ossea, mentre le onnivore avevano una perdita ossea del 35%. Studi più recenti mostrano che con un'ingestione di 75 grammi giornalieri di proteine del latte si perde più calcio nell'urina di quello che si assorbe attraverso la dieta.

L'OPINIONE DI JEAN SEIGNALET
Il dottor Seignalet-ematologo, immunologo, biologo e cattedratico di Medicina all'Universitá di Montpellier, a proposito del latte riferisce: "Il pericolo della mancanza di calcio è un'illusione. É vero che il latte di vacca   è ricco in calcio, però una volta che si trova nel tubo digestivo umano, l'immensa maggioranza di esso precipita sotto forma di fosfato di calcio e viene eliminato attraverso le feci. Solo una piccola parte viene assorbita. Il calcio assimilabile è apportato in quantità più che sufficiente dai vegetali, ortaggi, legumi secchi, verdure, frutta secca e fresca. Eliminare dall'alimentazione il latte animale non provoca carenza di calcio. Al contrario, il regime alimentare che esclude i derivati del latte, blocca 70 volte su 100 l'evoluzione dell'osteoporosi e permette di recuperare parte del terreno perso".

LA CASEINA DEL LATTE
Il bambino lattante assimila completamente la caseina del latte materno ma non quella del latte di vacca. La caseina animale in alcune persone aderisce ai follicoli linfatici dell'intestino impedendo l'assorbimento di altri nutrienti. Sbarazzarsi dei suoi residui metabolici causa perdita energetica per l'organismo e può provocare problemi immunologici.

I GRASSI DEL LATTE
Il latte umano contiene 45 grammi di lipidi per litro, dei quali 55% sono acidi grassi polinsaturi, e 45% saturi; ha, soprattutto, un elevato contenuto di acido linoleico, precursore delle prostaglandine e leucotrieni antiinfiammatori. Al contrario, il latte di vacca contiene un 70% di acidi grassi saturi e 30% di polinsaturi. Inoltre questo 30% di polinsaturi perde le sue proprietà quando per effetto del calore (tra i 40 º e i 45ºC) si denatura e non PUO’ essere precursore di sostanze antiinfiammatorie. Per questo il latte trattato per il consumo è una sostanza infiammatoria al 100%.
I bambini che sono soliti bere vari bicchieri di latte al giorno hanno le arterie in peggiori condizioni di quelli che non lo prendono.

LA CARICA ORMONALE
La professoressa Jane Plant, autrice del libro "La tua vita nelle tue mani" spiega che l'IGF1 è specialmente attivo durante la pubertà e la gravidanza. Nel caso delle bambine adolescenti quest'ormone stimola la crescita del tessuto della mammella. Durante la gravidanza aumenta i tessuti mammari e i dotti del latte materno per favorire l'allattamento. Alti livelli di quest'ormone incrementano fino a tre volte il rischio di soffrire di cancro della mammella o di prostata da parte di quelli che consumano molto latte, come la carne delle vacche da latte. Nello stesso modo gli estrogeni che si aggiungono al latte bovino sono altri fattori che stimolano l'effetto nocivo di quest'ormone e che indirettamente favoriscono la comparsa di tumori.

 


 

Sostanze tossiche nel latte.
I macchinari utilizzati negli allevamenti per trasportare e immagazzinare il latte può POSSONO contaminarlo. Di fatto si è arrivati a trovare in esso ferro, rame, piombo, cadmio, zinco etc... o loro residui.

Detergenti e disinfettanti.
Formiolo, acido borico, acido benzoico, sali alcalini, bicromato di potassio etc...sostanze che si usano nella pulizia e disinfezione del materiale che viene a contatto col latte. Il  loro uso viene giustificato dal fatto che l'acqua da sola è incapace di trascinare i resti di materia organica e distruggere i batteri che contaminano le istallazioni e che possono passare al latte.

Pesticidi e fertilizzanti.
Nel mangime che si dà alla vacca si possono trovare composti chimici: acaricidi, nematicidi, fungicidi, rodenticidi, erbicidi,  DDT, dieldrin, lindano, metoxicloro, malation, aldrin etc...che possono causare il cancro.

Micotossine.
Provenienti dal mangime che si dà alle vacche, quando è contaminato da muffe, specialmente Aspergyllus flavus.

 

Antibiotici ed altri farmaci.
Impiegati nel trattamento e prevenzione delle malattie infettive e parassitarie delle vacche: possono passare al latte contaminandolo. La maggioranza delle industrie casearie usano circa 60 tipi di trattamento chimico per trattare i gonfiori del capezzolo dopo ogni minzione e per ridurre la propagazione della mastite nei branchi.

 

Diossine.
Derivati del cloro sono relazionati col cancro del polmone ed i linfomi. La esposizione alla diossina è stata messa in relazione con il diabete, i problemi di sviluppo del bambino e diversi problemi di squilibrio del sistema immunitario. 

 


 

MALATTIE CONNESSE AL CONSUMO DI LATTE

ANEMIA FERROPENICA. Il Dr. Frank Oski (direttore del dipartimento di Pediatria della scuola di medicina dell'Universitá John Hopkins USA) asserisce che nel suo paese tra il 15 e il 20% dei bambini minori di due anni soffrono anemia ferropenica e che la metà del resto delle anemie che si producono negli USA sono relazionate con il consumo di latte e suoi derivati a causa delle piccole emorragie gastrointestinali che il latte può provocare.

ARTRITE REUMATOIDE E OSTEOARTRITE. Si è constatato che i complessi antigene-anticorpo generati dal latte si depositano a volte nelle articolazioni provocandone infiammazione e tumefazione. Studi realizzati nell'Universitá della Florida (USA) confermano che i sintomi si aggravano in pazienti, che consumano latte, con artrite reumatoide. In un articolo pubblicato nella rivista Scandinavian Journal of Rheumatology, si affermava che in persone affette da questa patologia, quando smisero di ingerire latticini e bevvero solo acqua, tè verde, frutta e succhi vegetali, entro 7 e 10 giorni l'infiammazione e il dolore diminuirono significativamente: quando uno tornava a una dieta latto-ovo-vegetariana i sintomi riapparivano. Un gruppo di ricercatori israeliani dimostrò nel 1985 che il latte può indurre anche l'artrite reumatoide giovanile.

ASMA. Il latte può stimolare la produzione eccessiva di muco nelle vie respiratorie. L'allergia al latte è causa di asma. I bambini con eccesso di muco e difficoltà respiratorie ai quali si toglie il latte di vacca migliorano in modo sorprendente.

AUTISMO. I sintomi neurologici dei pazienti autistici peggiorano quando consumano latte o grano. Si crede che i peptidi del latte possano avere un effetto tossico nel sistema nervoso centrale interferendo con i neurotrasmettitori. Nelle loro ricerche i dottori dell'Università di Roma notarono un miglioramento marcato nel comportamento di questi malati dopo aver smesso di ingerire latte per otto settimane. Nel loro sangue c'erano alti livelli di anticorpi contro la caseina, la lattoalbumina e la betalattoglobulina.

CANCRO ALLO STOMACO. Ricercatori dell'Istituto Nazionale di Salute Pubblica di Morelos (Messico) trovarono un aumento significativo di rischio di contrarre cancro allo stomaco in pazienti che consumano latticini: in quelli che consumavano anche carne, il rischio triplicava.

CANCRO DELLA MAMMELLA . Il latte è considerato da molti esperti causa diretta di questo tipo di cancro. Se a questo si aggiunge l'influenza dell'ormone insulinico, le probabilitá di contrarlo aumentano considerevolmente nelle grandi consumatrici di latte.

CANCRO DELL’ OVARIO.  Il galattosio (uno degli zuccheri del latte) é stato messo in relazione anche con il cancro dell'ovario. Alcuni ricercatori affermano che le donne che bevono più di un bicchiere di latte intero al giorno hanno tre volte più probabilità di contrarre cancro di DELL’ ovario rispetto a quelle che non ne bevono.

CANCRO  DEL PANCREAS. Ricercatori dell' Universitá di Harvard (USA) affermano che esiste una relazione "positiva e forte" tra il cancro del pancreas e il consumo di latte, uova e carne.

CANCRO DELLA PROSTATA. Secondo il Dr. Chan (epidemiologo dell'Universitá di Harvard) il consumo di molto latte e suoi derivati è associato con un incremento del rischio di cancro della prostata nell'uomo. Ciò può essere dovuto al fatto che l'alto contenuto di calcio nel latte fa diminuire la quantitá di vitamina D del corpo incaricata di proteggere dal cancro della prostata. Epidemiologi italiani del Aviano Cancer Center calcolarono che se si prendono due o più bicchieri di latte al giorno il livello di rischio di soffrire questo cancro aumenta 5 volte. Un altro studio (realizzato dalla stessa equipe di ricercatori dimostrò che gli uomini che consumano grandi quantità di latte e/o latticini hanno un 70% di rischio in più di contrarre cancro di prostata. Il consumo di latte scremato è associato con un maggior incremento rispetto a quello intero.

CANCRO AL POLMONE:   Ricercatori olandesi nel 1989 hanno concluso che le persone che bevono due o più bicchieri di latte al giorno hanno una probabilità 2 volte maggiore di sviluppare cancro al polmone di quelle che non lo bevono. Le persone che bevono questa stessa quantità di latte scremato sembrano essere più protette. Inoltre si é documentato che esiste una relazione diretta tra l'ormone somatotropina e il cancro al polmone, e tra questo e la diossina che contamina il latte. In un articolo pubblicato nel giornale americano The Washington Post, si affermava che le persone che consumano grandi quantità di grassi (carne e latticini) sono 10 volte più predisposte a contrarre il cancro, specialmente di polmone.

CANCRO AL TESTICOLO. Ricercatori britannici scoprirono che esiste una relazione tra il cancro testicolare e il consumo di latte. Il rischio incontrato fu 7,19 volte maggiore rispetto alla popolazione generale e aumenta di un 1,39 per ogni quarto di litro di latte in più che si consuma.

CATARATTA. C'è una crescente evidenza della relazione tra il consumo di latte e la cataratta. Secondo diversi studi scientifici le popolazioni umane che consumano grandi quantità di latticini hanno una maggior incidenza di cataratta rispetto a quelli che lo evitano. Questo difetto è stato posto in relazione con il lattosio e il galattosio.

COLITE ULCEROSA. Anche in questo disturbo è stato associato il consumo di latte.

COLON IRRITABILE. Ci sono diversi studi che mettono in relazione il consumo di latte con lo sviluppo di questa patologia.

DIABETE MELLITUS TIPO 1. Diversi studi dimostrano che i lattanti alimentati con latte di vacca presentano un maggior rischio di soffrire di diabete insulino dipendente. Uno studio pubblicato nella Rivista di medicina della Nuova Inghilterra identifica il latte come "elemento responsabile o fattore scatenante in alcune persone geneticamente sensibili". Eliminare il latte e derivati dalla dieta infantile potrebbe diminuire drasticamente l'incidenza di questo tipo di diabete.

MALATTIA DI CROHN. Il Dottor John Hermon-Taylor, direttore del Dipartimento di Chirurgia della Scuola di Medicina dell'Hospital St. George (Gran Bretagna) afferma: "Dopo aver studiato la malattia di Crohn per 20 anni, la Paratubercolosi é indubbiamente associata a questa patologia e che questo microorganismo si trasmette fondamentalmente attraverso il latte perché la pastorizzazione non lo distrugge". In uno studio realizzato tra il 1990 e il 1994 sui contenitori per il latte si trovò che il 7% di essi erano contaminati con la Paratubercolosi.

MALATTIE CORONARIE: Numerosi ricercatori relazionano alcuni componenti del latte (il colesterolo, i grassi, il suo alto contenuto in calcio, la presenza di xantina ossidasi, etc.) con questo tipo di problemi. L'enzima bovino xantina-ossidasi causa problemi quando il latte é omogeneizzato: il suo danno si centra nei vasi sanguigni. Sembra che questo enzima attraverserebbe intatto le pareti intestinali facendosi trasportare dal sangue e distruggerebbe il masmogeno, uno dei componenti della membrana delle cellule che formano il tessuto cardiaco. Uno di questi ricercatori è il dottor Kurt Oster, capo di servizio di cardiologia dell'ospedale Park City a Bridgeport (USA), che durante un periodo di quasi 4 anni studiò 75 pazienti che soffrivano di angina pectoris e arteriosclerosi. Quando si eliminò il latte dalla loro dieta e gli si dette acido folico e vitamina C  (entrambe combattono la xantina-ossidasi) il dolore diminuì. Il dottor Kurt Esselbacher ( dell'Universitá di Harvard) afferma che: "Il latte omogeneizzato, dovuto al contenuto di xantina-ossidasi, è uno delle cause maggiori di malattie coronarie negli Stati Uniti". Studi realizzati in Russia affermano che, chi beve tre o più bicchieri di latte al giorno ha 1,7 volte più probabilità di soffrire malattie ischemiche cardiache di chi non ne consuma. Il consumo abituale di latticini aumenta il colesterolo cattivo (LDL). Anche il consumo di proteine lattee sembra avere una relazione diretta con la mortalità coronaria. Inoltre le proteine del latte contribuiscono alla formazione di omocisteina: la connessione tra il latte, il lattosio, il calcio e l'omocisteina potrebbe essere responsabile della calcificazione delle arterie.

SCLEROSI MULTIPLA. Scienziati dell'Università di Michigan (USA) hanno potuto stabilire una relazione tra la sclerosi multipla e un eccessivo consumo di latte.

STITICHEZZA.  Il latte è causa accertata di stitichezza in bambini ed anziani. La sua eliminazione dalla dieta e un maggior consumo di verdure e fibra di solito risolve questo problema. Allo stesso modo, tanto la stitichezza cronica come le lesioni perianali sono state associate ad una chiara intolleranza al latte di vacca.

FATICA CRONICA. Secondo uno studio realizzato con bambini a Rochester (New York) nel 1991, bere latte aumenta 44,3 volte il rischio di soffrire questa malattia.

INCONTINENZA URINARIA: Molti bambini che bagnano le lenzuola smettono di farlo quando eliminano dalla loro dieta il latte, i prodotti che lo contengono ed i loro derivati.

INTOLLERANZA AL LATTOSIO. Il lattosio, zucchero del latte, per essere utilizzato dal nostro organismo deve essere previamente idrolizzato per mezzo  di un enzima chiamato lattasi, che sparisce lentamente quando cominciano a crescere i denti. Nella razza bianca la lattasi resta per più tempo che nella razza negra. Nella maggior parte delle persone che non producono lattasi, o lo producono a livelli molto bassi, il lattosio non idrolizzato passa all'intestino dove viene attaccato dai batteri generando fermentazione, meteorismo, coliche, diarrea, etc. oltre che irritazione delle pareti intestinali, micro-ferite con perdite di sangue che possono provocare carenza di ferro. Inoltre il lattosio può favorire l'assimilazione dei metalli pesanti come il cadmio, il mercurio e il ferro ed altre sostanze tossiche.

LINFOMI. In uno studio realizzato nell'Università di Bergen (Norvegia) durante un anno e mezzo con quasi 16.000 pazienti si osservò che le persone che consumano due bicchieri di latte al giorno presentano un rischio 3,4 volte maggiore di soffrire di linfoma rispetto a quelli che ne bevevano di meno. Pare che il latte di vacca possa trasmettere il virus della leucemia bovina. Questo stesso studio trovò un'associazione, anche se debole, tra il consumo di latte e il cancro ai reni ed agli organi riproduttivi femminili. Un altro meccanismo attraverso il quale si può contrarre linfoma è il latte contaminato con diossina.

EMICRANIA: Si é provato sperimentalmente che quando si sopprime il latte dalla dieta di pazienti affetti da emicrania si riducono significativamente i sintomi.

ORECCHIE, NASO, GOLA. Nel 1994 la rivista Natural Health pubblicava una serie di scoperte che relazionano al latte l'aumento di infezioni di orecchie e gola. Gli studi dimostrano che le tonsille e le adenoidi si riducono quando si limita il consumo di latte.

REAZIONI ALLERGICHE. L'allergia alle proteine del latte di vacca è una reazione dei meccanismi immunologici a una o piú proteine del latte (caseina, alfa lattoalbumina, betalattoglobulina). Attualmente molti studi medici riconoscono la relazione tra il latte e le reazioni allergiche stabilendone la prevalenza tra un 2 e un 5% della popolazione mondiale.

EMORRAGIE GASTROINTESTINALI. Dovute all'intolleranza alle proteine del latte di vacca nei bambini sono state adeguatamente documentate. Il sanguinamento è così serio che si colloca come una delle cause più comuni di anemia nei bambini.

SINDROME DI CATTIVO ASSORBIMENTO. Ricercatori dell'Università di Helsinki (Finlandia) hanno provato la relazione tra le proteine del latte e il danno alla mucosa intestinale. Questo danno è caratterizzato da diarrea cronica, vomito e crescita ritardata.

PROBLEMI DI SONNO. Studi realizzati nell'Università Free di Bruxelles tra gli anni1986 e 1988 confermarono la relazione tra il consumo di latte ed i problemi di sonno nei bambini. Tutti i sintomi miglioravano quando si escludeva il latte dalla dieta e peggioravano quando lo si reintroduceva. Il tempo medio per notare un miglioramento era di 5 settimane. Anche l'agitazione che manifestavano i bambini diminuiva.

ULCERA PEPTICA.  Il latte e derivati aggravano tutti i sintomi. Il sollievo temporaneo che in passato sentivano questi pazienti era dovuto semplicemente al fatto che normalmente il latte lo si beveva freddo ed era la temperatura del liquido che faceva migliorare temporaneamente la situazione.

ALTRE REAZIONI PROVOCATE DAL LATTE. Acidosi lattea associata all'allergia al latte di vacca; difficoltà di apprendimento in bambini e, alcuni casi, infertilità femminile. Le madri che bevono latte di vacca durante il periodo dell'allattamento espongono i loro figli ai rischi associati a quest'alimento.

 


 

L'omogeneizzazione. Un processo meccanico mediante il quale si riduce la misura delle particelle di grasso del latte evitando che la crema si concentri nella superficie. Si spara un getto di latte a pressione contro una placca di acciaio ad una temperatura tra 50 e 60ºC: si ottiene un latte più bianco che si mantiene liquido nel contenitore ma si rompono anche gran parte delle strutture lipidiche e proteiche. Secondo alcuni esperti, diminuire di 10 volte la dimensione delle particelle di grasso può far aumentare il rischio di soffrire attacchi al cuore in quelli che ne consumano grandi quantitá, probabilmente a causa dell'enzima bovino xantina-ossidasi che attraversa intatto le pareti intestinali e, utilizzando il sangue come veicolo, distruggerebbe il masmogeno, un componente delle membrane cellulari del tessuto cardiaco.

Pastorizzazione. Consiste nell'applicazione di alte temperature per un determinato tempo. Con questo metodo si distrugge la maggior parte dei microorganismi che possono alterare il latte, ma non tutte le spore: si ottiene il latte fresco del giorno che si mantiene in condizioni adeguate solo per 2 o 3 giorni. Esistono due tipi di pastorizzazione: quella alta (che dura 15 secondi ad una temperatura di 72ºC) e quella bassa (che dura 30 minuti a 65ºC). Il latte è poi sottoposto ad un raffreddamento rapido, ma se quest'ultimo trattamento non avviene in forma corretta possono germinare le spore che sono sopravvissute al trattamento termico. Inoltre con questo metodo si produce la coagulazione delle proteine e si perde il 5% delle vitamine B1 e B6, il 10% della B12 e il 25% della vitamina C. La pastorizzazione disgrega calcio, magnesio e fosfati indispensabili per la formazione delle ossa, oltre a causare parziale coagulazione delle proteine.

Sterilizzazione. Un processo che combina alte temperature in un tempo abbastanza lungo: si assicura l'assenza di germi patogeni e tossine ed il prodotto si mantiene in buone condizioni per un tempo più lungo. Con questo processo si perdono però le vitamine B1, B2, B3, B6, B12, A, C, D ed alcuni amminoacidi essenziali.

UHT. Latte che è stato trattato a temperatura molto alta per un tempo molto corto. Con questo metodo le alterazioni biochimiche a danno delle proteine sono molto importanti.

 


 

Tipi di latte di vacca.


Latte intero. Presenta il maggior contenuto di grasso del latte. Il suo apporto calorico e di colesterolo è molto elevato: un bicchiere di latte apporta 7,2 grammi di grasso e 123 calorie: l'impatto di questa sostanza sul sistema cardiovascolare è molto significativo.

Latte scremato. Ha meno calorie del latte intero. In funzione della quantità di grasso si chiama "scremato" (<0,18%) o "semiscremato" (0,5-2%). Ha un sapore più gradevole ma il suo valore nutritivo è scarso.

Latte condensato. Latte al quale si toglie circa un 60% del contenuto acquoso e gli si aggiunge un 40% in peso di zucchero per impedire la proliferazione di batteri.

Latte in polvere. Si ottiene scaldando il latte liquido fino a fargli perdere circa il 60% dell'acqua che contiene. Nel processo si perdono tra un 25 ed un 50% delle vitamine idrosolubili (vitamina C e complesso B).

Formaggi. Le materie prime utilizzate possono essere molto diverse, come i processi di elaborazione: tutti hanno  bisogno della coagulazione della caseina per mezzo del caglio. Il caglio si elabora con mucosa seccata della quarta cavitá stomacale dei ruminanti e, a volte, del maiale. Perciò nutrendosene si ingerisce un derivato animale.

 


 

Una storia reale

La storia della professoressa Jane Plant, geochimica e capo scientifico del British Geological Survey è un esempio significativo per molte donne: è sopravvissuta a 5 tumori della mammella e alle pratiche mediche convenzionali per trattare i suoi cancri. Lo ha fatto, come ella stessa afferma, eliminando tutti i latticini dalla sua dieta.

" soffrii l'amputazione di una mammella, mi sottomisero a radioterapia e a chemioterapia molto dolorosa. Mi videro specialisti tra i più eminenti del mio paese: dentro di me sentivo che stavo per morire e fui al punto di arrendermi" racconta la professoressa Plant nel suo libro (La tua vita nelle tue mani) e  racconta la propria esperienza e come arrivò all'idea che le ha salvato la vita. "All'origine di un viaggio con mio marito in Cina cominciai a pensare che la mia malattia era inesistente in quel paese. Di fatto solo una tra 10.000 donne muore di cancro al seno in Cina mentre solo nel Regno Unito le cifre officiali parlano di una ogni 12. Allora con mio marito (uno scienziato) cominciammo a studiare il modo di vita e l'alimentazione delle orientali fino a che arrivammo all'idea che mi salvò la vita: le donne cinesi non si ammalano di cancro al seno, né gli uomini sviluppano tumori prostatici perché sono incapaci di tollerare il latte e, pertanto, non lo prendono. I cinesi non utilizzano mai il latte e tanto meno per allattare i loro bambini! Non è una casualità che piú del 70% della popolazione mondiale sia incapace di digerire il lattosio. Allora decisi di sopprimere completamente l'ingestione di latticini, compresi tutti gli alimenti che contengono un po' di latte: zuppe, biscotti, dolci, margarine etc... E cosa successe? In solo pochi giorni il tumore cominciò a ridursi. Due settimane dopo il tumore cominciò a prudere. Dopo diventò più blando e cominciò a diminuire. Sei settimane dopo era sparito. Il mio oncologo del Charing Cross Hospital di Londra non poté reprimere un'esclamazione di meraviglia: "Non lo trovo!". Indubbiamente non si aspettava che qualcuno con un cancro tanto avanzato (che aveva invaso il mio sistema linfatico) potesse sopravvivere".

Piú di 60 donne che soffrivano di cancro al seno si misero in contatto con lei per domandarle consiglio. I loro tumori sparirono.

La Plant spiega che la relazione tra i latticini e il cancro al seno é simile a quella che esiste tra il tabacco e il cancro di polmone. Ma non solo questo. Ad esempio nel 1989 il dottor Daniel Cramer (dell'Universitá di Harvard) determinò che questi prodotti sono implicati anche nella comparsa del cancro dell’ ovario. E i dati sul cancro della prostata conducono a conclusioni simili. Anche l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) afferma che il numero di uomini che soffre questo cancro in Cina é dello 0,5 per ogni 10.000 persone, mentre nel Regno Unito la cifra è  70 volte maggiore, La chiave sta dunque, senza dubbio, nel consumo di latticini.

Per la professoressa Plant il latte di vacca è un grande alimento... ma solo per il vitello! Ed afferma che la natura non lo ha destinato ad essere consumato da nessun'altra specie. "Spero che la mia esperienza possa servire a più donne ed uomini che, senza saperlo, possono star male a causa dei latticini che consumano." 

 

 

Commenti: 1
  • #1

    Rex Kelvin (martedì, 31 ottobre 2017 01:32)

    Ciao,

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L'AVOCADO... il grasso sano

Il miglio grasso che la natura ci offrè: L'avocado
Il miglio grasso che la natura ci offrè: L'avocado

L’avocado (tecnicamente un frutto) è un alimento pressoché perfetto per il vostro organismo: un propellente alcalinizzante, energizzante ed idratante!
Gli avocado sono una cospicua fonte di proteine, grassi monoinsaturi, acidi grassi essenziali, steroli vegetali benefici, clorofilla, compresa un’ampia gamma di micronutrienti e tutto ciò senza contenere amido e con pochissimo zucchero ed un elevato contenuto di grassi e proteine.
Gli avocado sono considerati la risorsa ricca di grassi e proteine più facilmente digeribile tra tutti i cibi. Infatti, sono costituiti per l’80% da grassi salubri e per il 15% da proteine.
 Forniscono più proteine del latte vaccino e contengono tutti gli amminoacidi essenziali (i mattoni costitutivi delle proteine): tutti e 18. E gli avocado sono generosi in acidi monoinsaturi salutari ed acidi grassi essenziali (7 varietà, inclusi omega-3 ed omega-6). I loro grassi salubri sono utili nella costruzione cellulare, aiutano ad abbassare il colesterolo e fungono da risorsa energetica che può essere bruciata dall’organismo come carburante. Sono un’alternativa migliore dell’ossidazione del glucosio (zucchero) o, addirittura, delle proteine, dei quali rimane nel sangue lo scarto di cenere acida. Questa loro qualità li rende utili soprattutto ai diabetici, sia di tipo I che di tipo II, che ne dovrebbero mangiare 2 o 3 al giorno. 

 

Come per le noci e l’olio di oliva, i grassi salutari presenti negli avocado segnalano al vostro cervello quando siete sazi, aiutando ad evitare di mangiare oltre il dovuto. I ricercatori della Università della California nella città di Irvine hanno scoperto che i cibi contenenti acidi grassi insaturi ed acidi oleici (come gli avocado), stimolano la produzione di un composto chiamato OEA (oleoiletanolamide), che sopprime l’appetito. L’OEA viene rilasciata nell’intestino tenue dove, attraverso la connessione delle terminazioni nervose, viene comunicato al cervello che all’organismo non occorre
ulteriore cibo. Altri studi confermano che elevati livelli di OEA sono d’aiuto nella perdita di peso e riducono nel sangue i livelli di colesterolo e di trigliceridi da eliminare.
Gli avocado hanno anche elevati livelli di utili fitosteroli o steroli vegetali. Alcuni steroli possono aiutare ad abbassare i livelli di colesterolo del sangue e, di alcuni, è stato dimostrato in studi su animali che inibiscono l’evoluzione dei tumori.
Inoltre, gli avocado contengono una vasta gamma di antiossidanti e di altri nutrienti, inclusi le vitamine A e del complesso B, l’acido folico, le vitamine
C, E, H, K, la luteina, insieme al glutatione, un nutriente chiave di cui saprete di più nel capitolo 12.
 Recentemente si è scoperto che contengono quasi 2 volte la precedentemente supposta quantità di vitamina E, rendendo l’avocado la maggiore fonte nell’ambito della frutta. La vitamina E aiuta a rallentare il processo d’invecchiamento, protegge da malattie cardiache ed è un potente tampone contro gli acidi metabolici e digestivi. Negli avocado, è stata recentemente scoperta anche la presenza di luteina, un carotenoide che aiuta a prevenire alcuni tipi di condizioni cancerose, in particolare relativi alla prostata ed alla cervice e che gioca un ruolo primario nella salute dell’occhio. Anche il glutatione aiuta a prevenire diverse condizioni cancerose e malattie cardiache neutralizzando gli acidi alimentari e metabolici e di essi gli avocado sono un’eccellente sorgente.
Questi frutti, oltretutto, abbondano di quei minerali alcalini tampone tanto importanti nel neutralizzare l’eccessiva acidità, tra i quali magnesio, rame, ferro, calcio e potassio (più delle banane!), come anche di oligoelementi.
Contengono complessivamente 14 minerali, ognuno dei quali regola una funzione organica e stimola la crescita. Il ferro ed il rame, in particolare, aiutano nella rigenerazione dei globuli rossi e nella prevenzione dell’anemia nutrizionale. In più, contengono sodio ionico che conferisce loro un’elevata capacità reattiva alcalina senza tutto lo zucchero acido degli altri frutti.
Noi confidiamo così tanto negli avocado, per mantenerci sani e felici, che ora ci sembra proprio ovvio gestire una piantagione di avocado biologici (dove coltiviamo anche pompelmi e melograni). Tramite le nostre ricerche sul campo, abbiamo trovato molte modalità per moltiplicare i benefici degli avocado, mettendo a punto prodotti come l’olio di avocado, integratori super antiossidanti a base di avocado, estratti liquidi di glutatione da avocado; ma anche detergenti e balsami per capelli, lozioni idratanti e detergenti, tutti sempre derivati dall’avocado. L’alta capacità nutrizionale di questo incredibile cibo è proficua per voi, internamente ed esternamente!
Raccomandiamo di mangiare almeno un avocado ogni giorno. Se vi trovate in una condizione di salute gravemente compromessa, incrementali a 2 o 3. Sicuramente potete gustarlo semplicemente a fette o condito con limone o sale oppure mescolato a qualunque insalata. Gli avocado formano una coppia pressoché perfetta con i pomodori. Oppure provate un Frullato Verde Avocado Kid od una qualunque delle molte ricette che hanno l’avocado come ingrediente nella parte IV di questo libro. Usate l’olio di avocado sulle vostre insalate, nei vostri frullati verdi e sui vostri cibi; oppure potete direttamente berne 30 ml al giorno. Gli avocado raccolti prematuramente maturano in 2-3 settimane a temperatura
ambiente. Durano più a lungo se conservati in frigo.

 

 

Commenti: 2
  • #2

    Rex Kelvin (martedì, 31 ottobre 2017 01:32)

    Ciao,

    Siamo qui ancora una volta per acquistare il rene per i nostri pazienti e hanno accettato di pagare una buona somma di denaro a tutti coloro che vogliono donare un rene per risparmarli e quindi Se sei interessato ad essere un donatore o se vuoi salvare una vita, ti preghiamo di contattarci via e-mail qui sotto.

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    Quindi non perdere più tempo, scrivici gentilmente su irruaspecialisthospital20@gmail.com

    Ospedale di insegnamento specializzato di Irrua.

  • #1

    paolo manzelli (domenica, 05 febbraio 2017 17:25)

    Distinzione tra NUTRICEUTICA e NUTRACEUTICA: (*)
    Paolo Antonio Manzelli​: https://www.facebook.com/groups/EGOCREANET/

    Spesso le due parole molto simili, differendo solo per una lettera (I) o (A) sono usate senza alcuna distinzione tra di loto . Cio causa alcuni fraintendimenti di significato che conviene correggere.

    Per NUTR(I)CEUTICA , si intende cio che in una dieta alimentare favorisce il benessere e una corretta crescita ed invecchiamento umano basato su una assunsione equilibrata del cibo.
    Pertanto dicendo NUTRICEUTICA si associano sia le capacita nutrizionali che terapeutiche del cibo.

    Per NUTR(A)CEUTICA ( parola composta da : Alimentazione-Farmaceutica) si intende far prevalere le proprieta' terapeutiche e funzionali alla prevenzione della salute di alcune componenti degli alimenti prevalentemente vegetali.
    Questi composti funzionali come ad es, vitamine, antiossidanti, ed elementi immunostimolanti e protettivi ) possono essere estratti dagli alimenti e venduti come integratori alimentari o farmaceutici.

    Ora bisogna fare attenzione che anche un eccesso di antiossidanti rallentando il processo di ossidazione dei mitocondri , vanno a neutralizzare la iper-produzione di radicali liberi del processo di respirazione cellulare, ma anche rallentano la normale rigenerazione cellulare regolata dalla apoptosi , mettendo a rischio la salute dell'intero organismo. http://www.lescienze.it/news/2007/02/28/news/contrordine_gli_antiossidanti_fanno_male-583319/

    (*) vedi anche: https://www.academia.edu/23488101/NUTRACEUTICA_o_NUTRICEUTICA_una_nuova_scienza_1 ; http://www.innovamarche.it/innova_pubblicazioni/nutraceutica_2.pdf

    --
    PAOLO MANZELLI
    Director of LRE/EGO-CreaNet – University of Florence
    EGOCREANET- VALIDATED EUROPEAN -PIC = 959882416
    c/o BUSINESS INCUBATOR ,
    POLO SCIENTIFICO UNIVERSITA' di FIRENZE
    50019 -SESTO F.no- 50019 Firenze-
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